di E. A. Poe
A indurmi a leggere questi libri è stato un articolo di Mimi del blog Book Coffee Site: è un blog molto carino, spero che torni presto a pubblicare!
Eccomi quindi a parlare ancora una volta di un’opera di Poe, il maestro americano del brivido. Nello specifico, mi occuperò dei tre racconti che vedono per protagonista Auguste Dupin, detective non professionista che opera nella Parigi di metà Ottocento.
I delitti della Rue Morgue (The Murders in the Rue Morgue, 1841)
Il primo elemento che, inevitabilmente, va preso in considerazione è la somiglianza tra Dupin e Sherlock Holmes. In molti hanno visto nell’investigatore parigino un antesignano di quello londinese. Il loro carattere, il loro metodo di indagine, lo stesso svolgimento del caso hanno notevoli somiglianze. Anche il narratore fa da spalla un po’ meno sveglia al protagonista.
Il delitto di cui ci si occupa è duplice e particolarmente efferato nell’esecuzione. Il mistero si dipana in poche pagine, che però sono dense ed efficaci. La soluzione al mistero è, onestamente, abbastanza surreale, ma la si prende per buona per l’originalità (anche se qualcosa di analogo l’ho visto da altre parti, sebbene non ricordi dove).
Consiglio questo precursore di Sherlock perché concentra tutte le caratteristiche tipiche del genere senza dilungarsi inutilmente.
P.S. con SPOILER: mi ha fatto sorridere la frase di Dupin secondo cui “non ci sono molti asiatici e africani a Parigi”; al di là del contrasto con la metropoli di oggi, evidentemente marcato, non credevo che all’epoca fosse più facile incappare in un orango…
Il mistero di Marie Roget (The Mystery of Marie Rogêt, 1842-3)
Questo secondo racconto è particolare, in quanto l’autore lo ha scritto per dare la propria opinione su un caso di cronaca nera realmente accaduto a New York. Trasportandolo a Parigi, cerca di fornire una soluzione al mistero servendosi di Dupin. Il risultato è piuttosto deludente. Manca infatti una vera narrazione e in pratica assistiamo a un lunghissimo monologo in cui il detective – sulla base di articoli di giornale – sciorina tutte le sue conoscenze e le sue deduzioni. La totale assenza di uno svolgimento dei fatti e la pedanteria compiaciuta con cui l’investigatore illustra i propri ragionamenti sarebbero pressoché imperdonabili se non avessi saputo il vero scopo di questo “racconto”. Lo si può leggere per completezza o come curiosità, ma non credo sia sano aspettarsi chissà cosa.
La lettera rubata (The Purloined Letter, 1845)
Le cose vanno un po’ meglio con l’ultimo racconto della “trilogia”. Qui ci troviamo di fronte a una nobildonna a cui è stata sottratta una lettera che potrebbe comprometterne l’onore. Ad appropriarsene è stato il ministro D., che la custodisce gelosamente come arma di ricatto. Il prefetto di polizia chiede consiglio a Dupin su come ottenere quel documento, avendo già perquisito minuziosamente l’abitazione del politico, ma senza successo. La storia è carina, peccato per la pedanteria del protagonista, a cui forse piace il suono della propria voce, perché anche qui snocciola tutte le sue conoscenze e opinioni non solo sul caso, ma sulla natura umana in generale.
Sostanzialmente, consiglio davvero solo il primo racconto, che è poi quello proposto da Mimi. Voi li avete letti?
(Ho parlato di Poe anche qui e qui.)
Ciao, grazie mille per la tua recensione! 😍 Concordo molto con la tua opinione 😊
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