DELIRI GENERICI E LIBRI: Ai confini della realtà

«C’è una quinta dimensione oltre a quelle che l’uomo già conosce; è senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità; è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere: è la regione dell’immaginazione, una regione che potrebbe trovarsi “Ai confini della realtà”.»

Dopo sei anni, svariati incontri serali, numerose risate e commenti, un tot di lockdown che ci hanno rallentati e chili di patatine e biscotti consumati, io e due miei amici abbiamo finito di vedere Ai confini della realtà, serie tv antologica andata in onda negli Stati Uniti tra 1959 e 1964. Il titolo originale, meno terra-terra, è The Twilight Zone. Molti la conosceranno anche solo per la sua fama, essendo diventata con il tempo un vero e proprio prodotto cult. Si pensi anche solo alle numerose citazioni presenti in opere più recenti come I Simpson o Futurama. E ci sono tante ragioni per cui questa serie merita la fama che ha ottenuto. Cercherò nel mio piccolo di illustrarle.

Bisogna innanzitutto considerare il periodo storico in cui uscì: la televisione era un mezzo già affermato, ma ancora in evoluzione e in piena crescita. The Twilight Zone fu una serie innovativa, per genere e per tematiche. Servendosi della fantascienza o del fantastico, gli episodi parlavano di problemi attuali e concreti. Certi temi, per non dire tutti, sono ancora attualissimi. C’è la paura della morte, così come il desiderio di ricchezze o fama, c’è il razzismo, ma anche la passione amorosa, la tensione dell’essere umano verso nuove scoperte e nuovi mondi, affiancata da una pericolosa tendenza all’abbrutimento e alla violenza, c’è la paura del diverso e ci sono le guerre e la povertà.
Visti oggi, molti episodi fanno sorridere per la loro ingenuità, la messa in scena e, soprattutto, gli effetti speciali alquanto caserecci. Eppure, per me (e i miei amici) tutto ciò contribuisce al fascino della serie che, pur avendo perso con gli anni in tensione e dramma, ne ha guadagnato in capacità di rilassare e divertire.
La serie consta di cinque stagioni, i cui episodi durano 25 minuti circa (50 circa nella quarta stagione). Non tutti sono riusciti, molti anzi paiono banali oppure non si capisce dove volessero andare a parare. Alcuni, però, sono geniali ancora oggi o con colpi di scena efficaci. Inoltre, all’epoca erano ancora più originali, i precursori di tante trovate narrative riutilizzate successivamente.

Sarebbe difficile, se non impossibile, fare un elenco dei migliori per chi volesse avere un’idea della serie senza sorbirsi anche le parti meno efficaci. Alcuni dei più famosi sono Incubo a 20.000 piedi, Tempo di leggere o E’ bello quel che piace, anche grazie a citazioni e parodie successive. Altri hanno alle spalle un racconto o romanzo già piuttosto noto, come Per servire l’uomo, Il terzo dal Sole o Un Avvenimento al ponte di Owl Creek (che in originale era un cortometraggio francese, acquistato per farne un episodio della serie). Alcuni sono, per me e i miei amici, meno celebri ma piuttosto riusciti, e quindi sottovalutati: L’automiglioramento di Salvadore Ross, Un’insolita macchina fotografica o Il colpo della bella addormentata. E poi ce n’è una manciata che ci è rimasta impressa per un particolare, una frase, qualcosa che ci ha particolarmente divertito: L’altro posto o Cinque personaggi in cerca di un’uscita. Va detto che il dettaglio che più ci ha colpiti, però, e che commentavamo ogni volta, era il manichino con capelli nell’introduzione di una delle stagioni…

La serie venne ripresa in veste nuova negli anni ’80, negli anni 2000 e dal 2019, ma – da quel po’ che ho visto – questi revival non reggono il confronto con l’originale.

Being like anybody is the same as being nobody.
– Rod Serling, da “Il numero 12 ti assomiglia” (ep. 5.12) –

Di recente (2019, in Italia nel 2020) è uscita una graphic novel sul produttore e inventore della serie, Rod Serling. Questi era una vera icona: compariva dopo pochi minuti dall’inizio della stragrande maggioranza degli episodi – sigaretta in mano – e presentava il tema. Noi ogni volta attendevamo con trepidazione che pronunciasse le classiche parole finali, “… ai confini della realtà” e esclamavamo “L’ha detto! L’ha detto!” quando accadeva, oppure rimanevamo delusi se deviava dalla norma (e non vi dico la reazione nell’unico episodio in cui ha interagito con i personaggi). Ok, non siamo del tutto a posto, lo ammetto.
Realizzato da Kored Shadmi, il fumetto mostra la vita del celebre autore partendo dalla sua esperienza nelle Filippine durante la seconda guerra mondiale, per poi passare al mondo dello spettacolo. Si scoprono alcune curiosità, ad esempio che ha lavorato con Spielberg o che ha sceneggiato il film Il pianeta delle scimmie. Traspaiono le difficoltà del dipendere da un mondo, quello della televisione, che sa essere spietato: la continua ricerca di budget e di idee è estenuante, il gradimento del pubblico è fondamentale. Il libro si legge speditamente e, pur non definendolo emozionante, credo possa piacere agli appassionati della serie. Ai confini dela realtà – La vita di Rod Serling (The Twilight Man) è edito da Edizioni BD.

Sempre nel 2020, Fanucci ha (ri-)pubblicato una raccolta di racconti scritti dallo stesso Serling, che funsero poi da base per alcuni episodi della serie. Il libro si intitola – pensate un po’ – Ai confini della realtà.

Voi conoscete questa serie? Ne avete visti alcuni episodi?

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6 risposte a DELIRI GENERICI E LIBRI: Ai confini della realtà

  1. Monique Namie ha detto:

    Ho visto qualche episodio tempo fa, su suggerimento di Sara del blog “Atti effimeri di comunicazione”, e mi erano piaciuti molto. Cercherò anche i titoli che hai suggerito tu.

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  2. Celia ha detto:

    Ne avevo visti parecchi episodi, ma altrettanti me ne mancano, quando lo mandarono in pre-serale su RaiDue (se non erro, o era RaiTre?), alcuni anni fa, e l’ho amato molto. Ho anche cercato un cofanetto ma, almeno allora, non ne ho trovati.

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  3. wwayne ha detto:

    A proposito di libri, ne ho recensito uno bellissimo nel mio ultimo post, in cui rivelo anche un dettaglio di me che pochi conoscono… spero che ti piaccia! 🙂

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  4. inchiostronoir ha detto:

    Gran bella serie, che ho riscoperto qualche tempo fa grazie a RAI 3. Ma gli sceneggiatori erano più creativi negli anni ’50-’60? Quando mi ricordo di serie come “Il Prigioniero”, “The Avengers” (no, non c’entra Marvel), “Wild Wild West” (no, non c’entra Will Smith!) mi chiedo perché adesso si fa solo dei reboot, remake o stagioni a non più finire delle stesse serie.

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