LIBRI: Edda in prosa

di Snorri Sturluson

Per fare il paio con il post della settimana scorsa, oggi vi rammento l’Edda in prosa, o recente, o di Snorri. Così chiamata per distinguerla da quella poetica, non si sa esattamente da dove tragga il proprio nome, “Edda”, che è riportato sul principale dei manoscritti che ce l’hanno tramandata. Fu composta da Snorri Sturluson, poeta e uomo politico di cui ho già parlato in quanto fu un prolifico autore di testi eroici. Vissuto tra XII e XIII secolo, ebbe una vita movimentata come quella dei suoi personaggi e morì assassinato (proprio come molti di loro).

Scopo principale dell’opera è trasmettere alcune informazioni sulla cultura norrena medievale antecedente all’epoca dell’autore. Vivendo nel periodo in cui il cristianesimo stava prendendo piede in Scandinavia e Islanda, Snorri rivela nelle sue opere un certo travaglio: il dilemma di chi è consapevole di stare entrando in un’epoca nuova, dalla quale non vuole essere escluso, ma che nutre un forte legame e rispetto per la tradizione giuntagli tramite i miti e le leggende pagane. Molti testi e storie della cultura norrena ci sono arrivate grazie a lui. Nella stessa Edda in prosa, riporta alcune delle vicende già narrate in quella poetica, ma in molti casi alcune leggende le conosciamo solo per il tramite di Snorri.

L’autore ci tramanda la tradizione in due modi. Innanzitutto, riporta – come appena detto – alcuni miti. Inoltre – e forse era lo scopo principale di questo libro – ci spiega tali storie da un punto di vista linguistico, soffermandosi sugli artifici retorici, le tecniche, la musicalità, il metro degli antichi cantori. Non vuole, quindi, riferire solo alcune leggende, ma il modo stesso con cui venivano raccontate.

Il libro si compone di quattro parti: un prologo, la Gylfaginnig, la Skáldskaparmál e la Háttatal. La prima narra una storia chiaramente fantasiosa in cui si parte da Adamo, si passa per Troia e si giunge all’epoca dell’autore. La seconda riporta alcuni celebri miti (anche cosmogonici); quella che sembra iniziare come un’avventura con protagonista il re di Svezia Gylfi, si rivela poi un lungo dialogo tra lui e gli Asi; questi ultimi, con la loro sapienza, sono in grado di riferirgli avvenimenti lontani nel tempo e spiegarne il significato; questo, ovviamente, era lo scopo dell’autore. La terza parte, definibile “Trattato sull’arte poetica”, illustra il significato di numerosi kenningar, le metafore tipiche delle narrazioni scaldiche. La quarta parte, infine, è un “Trattato di metrica”, ed è quella più propriamente a scopo educativo in ambito linguistico.
L’edizione in mio possesso è quella della Adelphi del 2017 (ma ristampa di una del 1975). Essa, purtroppo, non contiene la prima e la quarta parte. Comprensibile per ragioni di spazio e gradimento di pubblico, sebbene da me non approvabile, la scelta riguardante la quarta parte, del tutto ingiustificata per quanto concerne la prima.

Come per l’Edda poetica, anche qui le note svolgono un ruolo molto importante per meglio comprendere il testo. Tuttavia, l’opera è decisamente più facile da fruire rispetto all’altra, forse anche per il fatto che l’autore stesso l’ha concepita come una “spiegazione”. Analogamente, la ritengo validissima per conoscere la cultura norrena e, unita all’altra, la reputo tra le narrazioni epiche più importanti perlomeno a livello europeo. Pervasa di un vago retrogusto amaro, come molte delle narrazioni nordiche, trasmette un leggero senso di inquietudine al pensiero che quel mondo è ormai scomparso e le parole dei personaggi sembrano rivelare consapevolezza della fine. Appunto finale: sebbene il testo sia in prosa, come si evince dall’appellativo dato al libro, non mancano alcuni versi di una certa intensità.

Si oscurerà il sole, la terra sprofonda nel mare, cadono dal cielo le stelle lucenti; infuria il vapore e il nutritore della vita, alte fiamme lambiscono il cielo.

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