LIBRI: La strana morte del signor Benson [Scoperti su WP #8]

di S. S. Van Dine


Il libro di cui vi parlo oggi l’ho scoperto grazie a un articolo di La siepe di more, che parlava di altri romanzi con il medesimo protagonista. Sul suo blog, Baylee propone varie letture interessanti, e di diversi generi: fate un salto a visitarlo, se non lo conoscete.

The Benson Murder Case (1926) è il primo di dodici libri sulle indagini dell’investigatore dilettante Philo Vance. Nato dalla mente di Willard Huntington Wright, in arte S. S. Van Dine, è un individuo dotato di un certo snobismo, dai modi e dagli interessi piuttosto sofisticati. Questo lo ha reso (e lo rende) abbastanza antipatico agli occhi di molti lettori e anche dei suoi comprimari. Personalmente, non posso che provare una certa simpatia per qualcuno che ha sufficiente puzza sotto il naso da criticare la democrazia, la stupidità e altre cose da plebei. Tuttavia, non nego che i suoi modi di fare risultano talvolta irritanti, soprattutto quando la tira per le lunghe nell’esposizione delle sue teorie. Alla fine si scopre che c’era una ragione di fondo per questa reticenza, nondimeno qualche alzata di sopracciglio può sorgere spontanea nel lettore.

Un uomo di inusuale cultura e raffinatezza, che detesta la stupidità più della volgarità. Spesso cita la celebre frase di Fouché: “È più di un crimine: è una colpa.”

Ma veniamo alla storia. Il signor Benson viene trovato assassinato in casa sua, ucciso da un colpo di pistola alla testa. A poco a poco, si scopre che era tutt’altro che amato e che più di una persona ne avrebbe fatto volentieri a meno. Si accumulano quindi i sospettati, che Vance torchia e osserva con attenzione, supportando le indagini della polizia. Nella miglior tradizione della detective story, le forze dell’ordine fanno la figura delle fessacchiotte, mentre l’investigatore dilettante sospetta fin da subito della persona giusta. In particolare, si assiste a uno “scontro” tra Vance e uno dei suoi migliori amici, il procuratore che si occupa del caso: il protagonista, infatti, si avvale di metodi di indagine non ortodossi, dando molta importanza all’analisi psicologica degli individui, e molto poca alle prove materiali. I suoi ragionamenti e le sue conclusioni si basano soprattutto sull’osservazione del carattere delle persone, sulle loro possibili azioni, sul loro “modo di fare”. Questo elemento, anche se portato un po’ all’estremo, è però interessante in quanto si contrappone alle metodologie di altri detective del giallo classico.
Tra le sue perle, c’è questa in cui paragona le prove circostanziali alla democrazia.

La teoria democratica prevede che accumulando abbastanza ignoranza alle urne, il risultato sarà intelligente; e la teoria delle prove circostanziali prevede che accumulando un numero sufficiente di anelli deboli, si produce una catena forte.

Tutto ciò comporta dei botta e risposta tra Vance e il procuratore, il quale cerca di barcamenarsi tra le prove raccolte, le misteriose allusioni e le stoccate dell’amico, la difficoltà a capire come si siano svolti realmente gli eventi. Quest’ultimo elemento è legato al fatto che quasi tutte le persone coinvolte sembrano, in un modo o nell’altro, avere almeno un po’ le mani nella marmellata: su alcuni sembrano puntare gli indizi, altri hanno modi di fare loschi, altri cercano di mascherare le proprie colpe…
In tutto ciò, Vance si diletta a citare autori più o meno classici, a fare sfoggio delle proprie conoscenze, a ironizzare sulla ristrettezza di vedute del procuratore, a sciorinare commenti sulle opere d’arte (e in generale su tutti e tutto).

Qualsiasi giuria sarebbe lieta di poterlo condannare – io stesso lo sarei, se non altro per come si veste.

Forse l’aspetto più insipido del libro è il narratore, che è lo stesso Van Dine che finge di riferire i casi dell’amico Vance – nome inventato per proteggere la sua vera identità. Per quasi tutto il romanzo, questo personaggio pare fare da tappezzeria: non parla, non pensa, non fa, sta lì esclusivamente perché deve starci per poter raccontare le vicende.

Il caso in sé non è dei più complicati, ma l’evoluzione e la dinamica delle indagini sono rese in maniera accattivante. Non mancano momenti leggermente più ironici e, in generale, la ritengo una lettura leggera, da cui non traspaiono scene particolarmente intense o drammatiche, e neppure ricche di adrenalina. Come giallo lo reputo senza infamia e senza lode, ma accompagna piacevolmente. Non è escluso che in futuro possa riprendere in mano questo personaggio.

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2 risposte a LIBRI: La strana morte del signor Benson [Scoperti su WP #8]

  1. Baylee ha detto:

    Lieta di averti fatto conoscere un giallo “da compagnia”!😜 Di quelli che ho letto finora, quello che mi è piaciuto meno è il quarto, “L’enigma dell’alfiere”, che mi è sembrato troppo inverosimile e troppo lungo, non finiva mai.

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  2. inchiostronoir ha detto:

    Ciao Aussie!
    Bella recensione!
    Tempo fa, ho scritto questo articolo su Philo Vance:
    https://inchiostronoir.wordpress.com/2020/11/22/i-protagonisti-del-giallo-philo-vance/

    Piace a 1 persona

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