LIBRI: Seven Little Australians

di Ethel Turner

Turner 01Mi piacerebbe parlarvi – senza una cadenza programmata – di alcuni libri provenienti dal mio Paese preferito, Straya. In Italia non sono particolarmente famosi, anche se alcune case editrici di tanto in tanto hanno proposto opere abbastanza celebri laggiù, soprattutto a inizio anni 2000. Oserei dire che però mai la fama si è riverberata anche qui. In certi rari casi i libri sono noti, come Schindler’s List o Storia di una ladra di libri,  però in pochi sanno essere di autori australiani.
Se qualcuno, curioso, cercasse sull’internet quali sono i romanzi più significativi mai realizzati down under, quasi certamente troverebbe una lista che include anche Seven Little Australians (1894).

Che roba è? Una sorta di Piccole donne dell’outback? Un Le petit Nicolas degli Antipodi? Sono confronti che mi sono balzati in mente perché l’opera racconta le vicissitudini dei sette fratelli Woolcot (quattro femmine e tre maschi), piuttosto scalmanati e molesti.

Nessuno dei sette è davvero buono, per la semplice ragione che i bambini australiani non lo sono mai.

Così Ethel Turner (1870-1958) ci presenta i suoi protagonisti all’inizio del libro. Nel corso della narrazione abbiamo modo di assistere alle più svariate azioni avventate dei sette che – pur senza causare realmente dei grossi danni o dei seri problemi – fanno perdere le staffe al padre. Perfino la più grande di loro, Meg (sedici anni), riesce a causare una serie di rogne e a non rivelarsi sempre particolarmente matura. Questo personaggio, inoltre, dà all’autrice la possibilità di ironizzare sulle metodologie di flirting e corteggiamento tipiche dell’Ottocento, con tanto di esplicita allusione a Louisa May Alcott, la cui opera è stata letta e riletta da Meg.

Il loro padre, capitano dell’esercito, non sa più cosa inventarsi per evitare che gli causino rogne. Perfino il frustino, di cui si serve con una certa frequenza, sembra non sortire alcun effetto. Una citazione rende bene il militarismo con cui governa (o vorrebbe farlo) la famiglia:

Ti strapperò di dosso questa tua abitudine a mentire e la tua codardia, oppure ti ucciderò nel tentativo.

A supportarlo c’è la giovanissima seconda moglie (che, a venti anni, è la madre solo del più giovane dei figli), che però, un po’ per l’età, un po’ per indole, non impone disciplina e spesso finisce con il lasciarsi irretire dalle suppliche dei figliastri.

Altro elemento importante è l’outback, ovvero le regioni meno abitate del continente, che fanno da sfondo alla parte finale del romanzo. È questo aspetto che rende il libro così “australiano” e forse così significativo per la letteratura del Paese. Calcare la mano sulle peculiarità paesaggistiche e storiche è un modo per distinguere le proprie opere da quelle inglesi o comunque europee, gettando le prime pietre di una narrativa locale.
Una curiosità: se si esclude la prima edizione, in tutte le ristampe successive una parte è stata omessa; si tratta della breve narrazione di una leggenda aborigena, preceduta da un commento del narratore (bianco) su un roseo passato senza gli europei. Solo nel 1994 il testo è stato reintegrato dello spezzone mancante. Le implicazioni di questo occultamento sono evidenti.

Il romanzo non mi ha mai strappato delle risate, né l’ho trovato esilarante, ma la lettura è sempre stata molto piacevole e spensierata. In certi passaggi l’ironia è più forte che in altri, ad esempio nella parte in cui i ragazzini fanno sparire varie cose dalla casa, senza che la domestica riesca a raccapezzarsene, rischiando il posto. Non pago, uno dei Woolcot la dileggia pure.

“Ah, Martha! Non ci siamo mai accorti di quanto fossi preziosa fino a ora, quando i tuoi giorni con noi sono contati.”

So che sembra una crudeltà, così come la scena delle frustate, ma nel contesto risultano divertenti!

Quando, nel corso della giornata, mi capitava di pensare a quello che avevo letto, mi dicevo che tutto sommato non era un libro eccezionalmente bello. Ma quando tornavo a immergermici, cambiavo subito idea, dicendomi che era proprio ben fatto. Non so spiegarmi questa ambivalenza, ma tutto sommato direi che gli si può dare una possibilità, anche perché non è molto lungo. La scorrevolezza è probabilmente il suo pregio maggiore, è davvero una lettura rilassante.
Il target del libro è il lettore molto giovane, anche se onestamente non mi è parso troppo infantile, anzi: alcuni passaggi mi sono sembrati troppo seri e adulti per un  pubblico del genere, ma forse sono io che non ho una chiara idea delle fasi di maturazione psicologica e cognitiva di un bambino.
Inoltre il finale mi ha spiazzato e devo ammettere che non me lo aspettavo minimamente.

Dell’opera esistono tre sequel scritti sempre da Turner e ne sono stati tratti vari film e serie tv.

Questa voce è stata pubblicata in Libri e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

7 risposte a LIBRI: Seven Little Australians

  1. Austin Dove ha detto:

    sembra interessante
    io più che a piccole donne dal titolo avevo pensato a dieci piccoli indiani

    Piace a 1 persona

  2. Molto interessante, mi appunto il titolo riflettendo sul fatto che, in effetti, tra i tanti libri che ho letto gli autori australiani non rappresentano “la massa”. Su due piedi – tolti Schindler’s List e Storia di una ladra di libri – mi viene in mente Sergio Bambarén ed Elizabeth von Armin, Poi mi trovi in alto mare…

    Piace a 1 persona

  3. tanadeilibri ha detto:

    “Quando, nel corso della giornata, mi capitava di pensare a quello che avevo letto, mi dicevo che tutto sommato non era un libro eccezionalmente bello. Ma quando tornavo a immergermici, cambiavo subito idea, dicendomi che era proprio ben fatto. Non so spiegarmi questa ambivalenza, ma tutto sommato direi che gli si può dare una possibilità, anche perché non è molto lungo.”
    Capisco benissimo cosa intendi con questa frase, e secondo me ci sta, sono quei libri che magari non ci toccano l’anima, ma sono costruiti alla perfezione per mantenere viva la curiosità e far passare qualche ora di svago 🙂
    Per quanto riguarda la storia invece a me ha ricordato “Le cinque sorelle d’America”, ambientato ovviamente da tutt’altra parte. Protagonista è una famiglia di nove tra ragazzi e bambini, il cui padre è spesso via perché generale dell’esercito e molto impegnato. Ha avuto diverse mogli, ma sono tutte morte, quindi devono imparare a formare una famiglia aiutandosi da soli. In questo caso non si tratta di piccole pesti, anzi. Però ho fatto subito il collegamento per via del particolare assetto familiare e dell’atmosfera in generale spensierata.

    Piace a 1 persona

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.