LIBRI: Il Signore degli Anelli

Tolkien 05Elen síla lúmennomentielvo.

Molto bene! Alla fine (o “finalmente”), anch’io ho letto questo celeberrimo libro. L’avevo preannunciato qua e là diverse volte, anche su altri blog quando si era parlato di Tolkien. A dire il vero l’ho finito mesi fa, ma un po’ perché mi sono preso del tempo per scrivere la recensione, un po’ per la programmazione degli articoli sul blog, ne parlo solo ora. Nel frattempo – in realtà prima ancora di leggere Il Signore degli Anelli – ho affrontato altre due opere tolkeniane, ma ne scriverò, forse, in futuro.
Che dire invece del suo capolavoro? Diverse cose e scapperanno degli spoiler PESANTI, ma dopotutto è il libro più venduto al mondo, quindi posso dare per scontato che molti di voi sappiano già di cosa si sta parlando. O, al limite, abbiano visto i film (che io ho scordato quasi del tutto, by the way).
Premetto che avevo acquistato il libro l’anno scorso, nella precedente traduzione oggi piuttosto discussa, dopo l’uscita della nuova. Nonostante ciò, il linguaggio utilizzato mi è piaciuto: mi resta da capire quanto sia dovuto alle pesanti manipolazioni avvenute nel passaggio di lingua.

Il libro è lungo sì, nonostante Tolkien nella premessa asserisca che è troppo corto. Da semplice lettore potrei tranquillamente dire che diverse parti avrebbero potuto essere scorciate se non tolte. Andando però oltre questo punto di vista – e considerando cosa l’opera rappresenta per il genere fantasy – non c’è dubbio che ogni rigo serva ad accrescere l’EPOS. Se, in effetti, si guarda al romanzo non come alla narrazione di una storia, ma all’unico mezzo a disposizione dell’autore per mostrarci il suo immaginario, è chiaro che 1.230 pagine stanno piuttosto strette.
Non l’ho trovato pesante. Alcuni passaggi tendono forse ad affaticare un po’, ma l’ho letto con una certa speditezza (valutazione fatta basandomi sui miei ritmi e i miei impegni). La parte forse più sofferente è stata la lunga camminata di Frodo e Sam verso Orodruin; eppure quella lentezza è paradossalmente un pregio, perché trasmette al lettore una parte delle sensazioni provate dai due hobbit e dopotutto non l’altererei, perché è efficace proprio così.

La trama – intesa come soggetto, le linee generali – è forse l’elemento più debole. Stringi stringi, la vicenda di base è piuttosto sempliciotta. Ma la “sceneggiatura” è davvero ben congegnata. Sul momento non ci si fa caso, ma ogni azione dei personaggi è incasellata in un preciso schema narrativo complessivo studiato dall’autore. Cambiare uno degli ingranaggi farebbe saltare la macchina. Ci ho riflettuto dopo aver letto alcune risposte a questa domanda trovata su internet, su cui vi invito a ragionare: chi avreste voluto vedere come eventuale decimo membro della Compagnia? Se ci si pensa, un personaggio extra non potrebbe inserirsi senza stravolgere la trama, a meno di non renderlo… inutile. Ad esempio, dovrebbe essere qualcuno sufficientemente debole da non impedire la caduta di Gandalf a Moria; e non dovrebbe essere in grado impedire la fuga di Frodo e Sam, né potrebbe aggiungersi al trio composto da loro e Gollum; se non hobbit, non potrebbe affiancarsi a Merry e Pipino, o gli orchi lo ucciderebbero subito; dovrebbe quindi essere in grado affrontare il Sentiero dei Morti con gli altri. Non dico che sarebbe impossibile apportare cambiamenti, ma che così com’è la storia è ben congegnata.

I personaggi sono quasi tutti accattivanti, benché piuttosto “fissi”. In alcuni si nota una evoluzione, soprattutto Merry e Pipino; oltre che Frodo, benché in maniera diversa e per altri motivi. Parlando della Compagnia, onestamente nessuno mi ha fatto impazzire, eppure per paradosso mi piacciono tutti.
Forse quelli per me meno riusciti sono quelli in genere più amati: Aragorn – troppo perfetto – e Gandalf – troppo evasivo per i miei gusti. Eppure hanno un loro fascino: l’eroe che ha passato anni di vita di merda e l’essere semi-divino alle prese con problemi terreni.
Legolas e Gimli hanno un ruolo molto più marginale di quello che pensavo; in sostanza, hanno due sole funzioni: contribuire a menare e rappresentare i loro popoli. Gimli è però forse il mio preferito del gruppo, essendo quello con più risvolti comici e poi il rapporto tra i due è azzeccatissimo.
Boromir è il personaggio sofferto per eccellenza. C’è chi lo definisce l’unico uomo capace di resistere all’Anello. Insomma, resistere ma non troppo, a parer mio. Certo è che la sua reazione alla fine del primo volume è fondamentale per la storia. A mio avviso, il suo ruolo termina troppo presto. E poi, che diamine, sono in nove e ne muore solo uno? Poveraccio.
Sam è ritenuto da molti il vero eroe del libro e non c’è dubbio sul suo ruolo indispensabile, anche se Tolkien è stato bravo a rendere necessario ogni intervento dei suoi personaggi; Sam è forse quello che, più di tutti, “è uno di noi”, il tipo comune costretto a cose più alte che affronta con coraggio.
Frodo è quello che, paradossalmente, appare come il meno sviluppato e importante. L’unica cosa che fa è portare l’Anello. Ed è qui che ci si accorge del paradosso: perché quell’unica cosa è la più difficile, anche se si tende a scordarlo. Probabilmente è pure quello che ci rimette di più dall’avventura, se non l’unico a perderci, in salute fisica e mentale.
Merry e Pipino sono un po’ troppo spalle comiche, per me, ma Tolkien è riuscito a diluire gli elementi buffoneschi con una loro maturazione che me li ha resi via via più accettabili.
Tra gli altri personaggi, Théoden è uno dei miei preferiti, oltre che protagonista di una delle scene per me più riuscite ed enfatiche, nel momento in cui cavalca incurante della morte verso le mura di Minas Tirith. Anche Barbalbero e la triste – ma surreale – storia degli Ent mi sono rimasti impressi. Tuttavia sarebbero tante le creature di Tolkien da citare. Ad esempio Gollum, fastidioso e spregevole, ma forse uno di quelli più caratterizzati.

Quindi, pur con delle riserve – inevitabili in qualunque lettura – The Lord of the Rings mi ha coinvolto e, soprattutto, mi ha indotto a pormi delle domande e a riflettere sulle scelte narrative e su quelle dei protagonisti. Inoltre, spesso mi spostavo sull’internet per cercare informazioni su questa o quella cosa nell’universo di Arda, perché in fin dei conti mi sono fatto coinvolgere dall’EPOS. Il finale poi mi è sembrato così triste… le ultime righe sono azzeccatissime. Anche il passaggio da un mondo segnato dalla magia a uno in cui tale elemento andrà scomparendo è qualcosa di malinconico e romantico, ma affascinante al tempo stesso. È arrivata l’era degli Uomini, deal with it.
Quali sono gli aspetti che mi hanno lasciato un po’ meh? Riconosco, ad esempio, che la lotta contro Saruman nella Contea sia parecchio anti-climatica, come alcuni miei amici sostengono. A me non è neanche dispiaciuta, ma in effetti è un po’ strana. Inoltre, non ho capito perché non potessero servirsi delle Aquile per arrivare a Orodruin in pochi minuti anziché farsi giorni di camminata straziante. Sì, certo, i Nazgûl, però… Anche la sconfitta di Sauron mi è parsa troppo immediata. Fine anello = fine di lui e di tutti i suoi sgherri nel giro di cinque minuti. Booooh.
Eppure, che lettura! Davvero molto affascinante. Come dissi già altre volte, forse è proprio il contesto a essere l’elemento più meritevole, piuttosto che la singola storia. Non mancano però momenti ottimamente scritti, incluse alcune delle talvolta denigrate lunghe descrizioni, visivamente molto potenti.
Peccato solo che l’autore non abbia scritto altri romanzi ambientati nel suo mondo, ma abbia preferito rielaborare mille volte le stesse vicende senza oltretutto realizzarne mai una versione definitiva! “Avevo creato delle lingue e volevo farci un contesto attorno” [cit. Tolkien]

Adesso ditemi la vostra!

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17 risposte a LIBRI: Il Signore degli Anelli

  1. Austin Dove ha detto:

    a me non piacque, troppo lungo

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  2. Domenico ha detto:

    Mi riservo di scriverti un commento più lungo con calma…per il momento posso solo congratularmi con te per la scelta di lettura fatta;)

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  3. Il verbo leggere ha detto:

    “E poi, che diamine, sono in nove e ne muore solo uno? Poveraccio.” Sono morta dal ridere. Non è facile confrontarsi con un simile classico, stra-recensito e stra-citato: sei stato davvero bravo e originale.
    Temo che non lo leggerò mai: avrei dovuto leggerlo durante l’adolescenza, durante la mia “fase fantasy. Ora, anche per colpa di una serie rimasta in sospeso per troppi anni, ho preso le distanze da questo genere.

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  4. Daniele Artioli ha detto:

    L’ho letto l’ultima volta diversi anni fa, e come è saltato fuori commentando i post di Federico su Imlestar, che ha recensito tutto il Silmarillion, libro e film mi si sono confusi insieme per cui dovrei davvero rileggerlo.
    Ricordo però l’atmosfera che mi si creava intorno ogni volta che aprivo il libro; forse più di tutto è quella che ha fatto sì mi innamorassi del romanzo e del mondo di Tolkien. Proprio il tema di un mondo che affronta la sua fine, l’arrivo dell’era dell’uomo di cui parli anche tu, dà secondo me un’aura crepuscolare e apocalittica al romanzo: per come andrà, non ci potrà essere un lieto fine completo. E’ una cosa che mi commuove sempre, quando vedo dei personaggi contemplare la fine del loro tempo e comunque lottare fino all’ultimo perché è la cosa giusta da fare.

    Anche io ho letto solo la vecchia traduzione, quella della Bompiani, e sinceramente l’ho sempre trovata ottima. Ovviamente non sarà perfetta, nessuna traduzione lo è mai, ma dovendo scegliere tra questa e quella nuova, di cui ho letto degli stralci, preferisco sacrificare un minimo di fedeltà per un prodotto che non suona involontariamente ridicolo come la nuova traduzione, secondo me, fa. Per Natale avevo intenzione di regalarmi il libro in inglese e leggerlo finalmente in lingua originale, sperando di non soccombere nell’impresa!

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  5. illettorecurioso ha detto:

    L’ho acquistato ancora un anno fa ma devo ancora leggerlo. Sono un po’ spaventata dalla lunghezza, ma penso che lo inizierò l’anno prossimo a piccole dosi.
    Bella recensione, sono ancora più curiosa ora!

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  6. Gabriele ha detto:

    Ho provato a leggerlo: il traduttore ha fatto un lavoro a dir poco magnifico, ma lo stile non fa per me. Troppo pomposo per i miei gusti. Dopo un centinaio di pagine l’ho mollato. Mi sono rifatto con i film, che magari non sono fedeli in tutto al testo, ma li ho apprezzati in particolare sotto l’aspetto visivo (anche se non è la stessa cosa).

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  7. Baylee ha detto:

    Sono proprio contenta che ti sia piaciuto nel complesso!💛 Io lo sto pigramente rileggendo in inglese – pigramente perché voglio gustarmelo e altre letture continuano a mettersi in mezzo!🤣

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  8. Domenico ha detto:

    Dunque…come promesso, eccoti un commento più strutturato, nel quale cercherò di offrirti qualche spunto di lettura e riflessione.
    – Il ruolo di Aragorn: può sembrare un eroe perfetto, ma a ben guardare, la sua vita termina con una grossa incompiuta che riguarda la sua storia con Arwen: se hai letto anche le Appendici del romanzo, avrai colto l’estrema tristezza che accompagna la sua morte, dovuta non tanto all’evento luttuoso in sé stesso (dinanzi al quale c’era poco da fare) quanto al fatto che in quella circostanza si capisce come Arwen avesse travisato, per tutta la durata della sua vita, il peso del fato degli Uomini e, dunque, anche di suo marito.
    – Ruolo delle aquile. Riconosco che questo è una delle domande che più spesso vengono poste dai lettori di Tolkien che non hanno avuto modo di approfondire la conoscenza di altre opere del professore di Oxford. Non voglio anticiparti troppi elementi, nel caso decidessi di leggere gli altri suoi scritti, per il momento mi limito a dirti questo: le aquile rispondono direttamente a Manwe, il più potente dei Valar (una sorta di esseri a metà tra gli Angeli e gli dei classici greco-romani per intenderci). Il ruolo che esse ricoprono è quello di essere guardiane della terra di mezzo e non di essere agenti operativi degli Uomini o degli Elfi. In secondo luogo (risposta più profonda, se preferisci), il cammino verso la distruzione dell’Anello riscatterà proprio quegli esseri che hanno contribuito a rendere il Male più forte; le Aquile, dal loro punto di vista, si sentono estranee a questa «colpa» e non devono redimersi da alcunché.
    – Fine di Sauron. Non è così immediata come può apparire, né netta. Come forse avrai intuito, non tutti i suoi servi muoiono e, in particolare, resta ignoto il destino della Bocca di Sauron che non viene ucciso da Aragorn come avviene nella trasposizione estesa cinematografica. Anzi, direi proprio che con la sua sopravvivenza si crea un curioso parallelismo: un Numenoreano, cioè Aragorn, non solo diventa re di Gondor, ma si fa carico del peso che precedentemente poggiava su un essere semi-divino come Gandalf; e, allo stesso tempo, ma sul versante «del male», un altro Numenoreano, ossia la Bocca di Sauron, potrebbe aver portato avanti il lavoro del suo padrone, un altro essere semidivino. Curioso, non trovi?
    Beh, credo di aver scritto un commento davvero lungo, spero possa interessare te e chiunque avrà la pazienza di leggerlo per intero…

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    • Aussie Mazz ha detto:

      Ottime osservazioni.
      Su Aragorn non saprei che dire, mi sembra più una mancanza di Arwen… 😅
      Sulle aquile, preferisco la seconda ipotesi, più filosofica.
      Sulla sconfitta di Sauron, credo rimanga comunque molto immediata, basandosi sul solo romanzo. Ragionando in termini di legendarium, si possono fare quei giusti ragionamenti che hai fatto, ma a livello di libro mi è parso un po’ sbrigativo. È una scelta che ha comunque una sua logica, per evitare di tirarla per le lunghe con dei galoppini del cattivo.
      Grazie per l’intervento.

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      • Domenico ha detto:

        Ah, dimenticato una cosa: Tolkien avrebbe voluto pubblicare un unico libro che avrebbe dovuto unire «Il Signore degli Anelli» con ciò che noi chiamiamo «Silmarillion». Questo tentativo – impossibile da concretizzarsi, tanto più in un momento storico come quello del secondo dopoguerra inglese, nel quale il costo della carta era proibitivo – avrebbe certamente reso la trama più approfondita e lineare di quanto non appaia attualmente.

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      • Aussie Mazz ha detto:

        Il Silmarillion l’ho recensito, se può interessarti.
        Non so quanto fosse sensato pubblicare i due testi assieme, se non per avere un volumone con più di un’opera. Dopotutto si tratta di due libri molto diversi per impostazione che, pur presentando entrambi uno spaccato su Arda, lo fanno da due “prospettive” differenti.
        In ogni caso, dovrei rileggere il Silmarillion alla luce delle mie letture tolkieniane successive.

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      • Domenico ha detto:

        Tieni conto che la versione che conosciamo attualmente non era quella sulla quale Tolkien, ancora pochi mesi prima di morire, stava lavorando, perciò non possiamo dire se, unendo le due opere, avremmo avuto un quadro più chiaro di eventi che si dipanano su tre ere (e anche più, se consideriamo i Tempi Remoti). Leggerò la tua recensione sul Silmarilion con molto piacere, puoi darmi il link della pagina?

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      • Aussie Mazz ha detto:

        Strano allora che Christopher non abbia ripescato tutto per pubblicarlo! 🤣 È vero, rimane un po’ di dispiacere per le tante idee mai messe per iscritto. Pur nella sua mole, l’opera di Tolkien dice solo una piccola parte di ciò che avrebbe potuto, e perlopiù in testi incompleti.
        Qui, alla voce “Tolkien, J. R. R., trovi i link a tutte le recensioni fatte su questo autore.
        https://deliriumcorner.wordpress.com/tra-ottocento-e-novecento/

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      • Domenico ha detto:

        Credo che non abbia voluto modificare un romanzo che ormai ha assunto una sua fisionomia ben precisa…d’altro canto si è abbondantemente rifatto per così dire pubblicando il Silmarillion in una forma che probabilmente suo padre non avrebbe gradito…ti ringrazio per il link, leggerò le tue recensioni con molto piacere

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