Benvenute/i all’appuntamento di oggi con i libri che mi sono deciso a leggere dopo averne sentito parlare su WordPress! Questa volta mi rifaccio a un articolo letto su Il mestiere di leggere, blog storico ma che io ho conosciuto veramente solo un paio di anni fa: se ancora non lo avete mai fatto, dategli un’occhiata, perché offre molti spunti interessanti.
Il Golem è una delle opere più famose dello scrittore austriaco Gustav Meyrink (1868-1932). Da molti è erroneamente ritenuto un ebreo, perché nei suoi libri fa spesso riferimento alle tradizioni, credenze e riti di quel popolo. Pubblicato a puntate nel 1913-14 e in volume nel 1915, Der Golem è un perfetto esempio di questo rifarsi alla tradizione ebraica.
Per chi non lo sapesse, il golem è una creatura che si ritiene venire portata alla vita dalla materia inerte – la pietra – mediante formule magiche. A scoprire questa entità, che poi sfuggì al suo controllo, si dice sia stato un rabbino di Praga. Quale ambientazione migliore, dunque, di questa città boema amata dall’autore, per parlarne?
Il romanzo inizia con uno scambio di identità, anzi, con “l’ingresso di una persona nel corpo e nella vita di un’altra”. Indossando il cappello di uno sconosciuto, il narratore si ritrova infatti a vivere i ricordi e le esperienze del suo proprietario. E sono a dir poco traumatici!
Innanzitutto l’incontro con il golem: difficile da identificare, descrivere, ricordare; sfuggente, spaventoso pur senza agire realmente; oggetto di racconti, leggende metropolitane, paure; argomento frequente nel ghetto ebraico. Il breve contatto con questo essere stravolge la psiche e la vita di Athanasius Pernath, intagliatore di gemme.
La popolazione del ghetto è descritta con dettagli coloriti, senza risparmiare le bassezze e le meschinità dei suoi abitanti. Uno di loro, la nemesi del protagonista (golem a parte, si intende), è quasi l’incarnazione di tutti i mali, oltre che degli stereotipi appioppati agli ebrei. Ma ci sono anche figure positive, come il dottore che aiuta Pernath a uscire dall’abisso, oppure la sua ingenua e premurosa figlia. L’autore è molto bravo a descrivere il microcosmo in cui si muove il protagonista.
Non vengono risparmiate descrizioni che evocano con forza la repulsione viscerale del narratore verso alcune figure con cui interagisce.
Sembrava una creatura a cui la natura avesse dato un furioso, orribile calcio in faccia alla nascita.
Detto ciò, devo precisare che probabilmente sono troppo stupido per capire del tutto il libro. Leggendo altre recensioni, mi sono un po’ tranquillizzato notando che, in effetti, attribuire un senso e un’interpretazione univoci e precisi alla storia è praticamente impossibile. Gli eventi che si susseguono sono infatti nebulosi, difficili da collegare l’uno all’altro in una chiara sequenza di fatti che portano a una determinata conclusione.
È molto arduo distinguere quanto avviene realmente dai disturbi psichici del protagonista, così come dagli aspetti onirici o dai riferimenti mistico-cabalistici. Sostanzialmente, potrebbe anche non essere accaduto nulla di quanto viene narrato. Oppure ogni fatto può avere più di una chiave di lettura.
Forse trovo eccessiva questa apertura pressoché totale a varie interpretazioni, pur non essendo contrario in toto a tale scelta narrativa. Nonostante, quindi, si debba in sostanza rinunciare (o perlomeno, io l’ho fatto) a capire cosa accada esattamente, molti capitoli sono davvero coinvolgenti, in particolare gli ultimi. L’autore è davvero bravo a farci vivere il dramma del protagonista, con cui si finisce con l’empatizzare. La narrazione in prima persona senza dubbio aiuta.
Ecco un esempio di uno dei tanti passaggi intrisi di contorti ragionamenti filosofico/morali:
<<Facendo di me un assassino, lo spirito dentro di me ha stabilito la mia esecuzione; impiccandomi alla forca, gli uomini separeranno il mio destino dal loro: raggiungerò la libertà.>>
Quest’uomo è un santo, pensai tra me e me, e i capelli mi si rizzarono mentre tremavo di fronte alla mia piccolezza.
Mi aspettavo un testo completamente diverso: più “fantasy”, se così vogliamo definirlo. Più gotico, forse. E, senza dubbio, con più golem, che invece compare pochissimo ed è quasi più un pretesto, l’evento scatenante della narrazione.
Non ho idea di come il romanzo possa venire affrontato e recepito da un potenziale lettore: è davvero… strano.
Concludo con la nota colorita finale che stona con la seriosa recensione di prima (cercate di considerarla come un qualcosa di a se stante): un bell’esempio di misoginia, che nei romanzi d’epoca mi fanno sempre sghignazzare perché sono una brutta persona. Uno dei personaggi femminili principali se ne esce con questo:
<<Non pensare che stia cercando di lusingarti, ma so che preferisco la semplice presenza di un uomo che mi piace alla più stimolante conversazione possibile con una donna, per quanto intelligente. In fin dei conti, è solo chiacchiericcio riguardo a qualche stupida sciocchezza. Nel migliore dei casi si parlerà di vestiti.>>
Ma perché? Tra l’altro nelle opere “datate” non capisco mai quanto sia un vero pensiero dell’autore e/o della sua società e quanto una battuta inserita appositamente per caratterizzare uno specifico personaggio.
Cmq ti sbagli. Il Golem è l’evoluzione finale di Geodude uu
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Ottima recensione di un libro controverso. Quando lo lessi, anni fa, rimasi piuttosto delusa, anch’io, come te, mi aspettavo più Gothic. Al di là del fatto che descriva un certo ambiente, con le sue caratteristiche positive e negative, non mi sembra ci sia altro. Spero non me ne vogliano i suoi estimatori….
P. S. Grazie per la lusinghiera presentazione 😚
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Anche il mio primo incontro con Meyrink fu in parte deludente: presi un cento pagine mille lire con alcuni suoi racconti, che l’editore (la Newton Compton) spacciò come horror sin dal titolo dell’antologia, Racconti agghiaccianti. E il primo racconto aveva effettivamente una componente horror, ma gli altri erano spesso, più che altro, racconti satirici (Meyrink ebbe una vita un po’ sopra le righe e ce l’aveva con molte categorie di persone: bigotti, militari, magistrati… non perdeva occasione di bastonare un po’ qui e un po’ la XD ).
In alcune sue storie, il racconto è solo un pretesto per parlare d’altro – Meyrink era un occultista, alla ricerca della vita eterna – e probabilmente Il Golem non fa eccezione ^^
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Anche io ho finito col leggerlo “per colpa” di Pina (attenta sempre alla mia wishlist). Sono contenta di ritrovarlo tra le tue recensioni.
Le pagine dedicate alle descrizioni di una Praga lunare sono superbe.
Quanto alla complessità del testo, direi che l’edizione è fondamentale per riuscire a capirci qualcosa: ne serve una con un buon apparato di note.
Se hai voglia di approfondire, puoi dare un’occhiata al capitolo “Praga nera” in “Praga al tempo di Kafka: una guida culturale”. Il capitolo è quasi interamente disponibile su Google Books > https://books.google.it/books/about/Praga_al_tempo_di_Kafka.html?id=zh4xCwAAQBAJ&redir_esc=y
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QUesto è uno dei libri “strani” che ha accompagnato la mia adolescenza. Strano che non ci abbiano fatto una serie ancora. Sarebbe un bell’horror 😊
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Non penso che tu sia stupido per non aver capito il senso del romanzo, è che Meyrink è ostico per scelta: scrisse a qualcuno che il senso profondo di una storia ben scritta, per lui, non deve essere evidente, ma che il lettore deve scavare sotto la superficie per trovare il reale significato della storia.
Probabilmente è un vezzo che ha acquisito in quanto occultista – al di là dei suoi racconti satirici, le sue storie cosiddette “esoteriche” sono come un diario di viaggio della sua ricerca dell’immortalità, affrontata da diversi punti di vista in molte sue storie.
Riguardo alla misoginia, forse è quello specifico personaggio ad avere quel tratto: per Meyrink, la congiunzione del maschile col femminile – non intesa in senso sessuale, quanto piuttosto affettivo – era un passaggio importante verso il raggiungimento dell’illuminazione e la conquista dell’eternità. Tra i suoi personaggi, quelli che “ce l’hanno fatta” spesso hanno raggiunto una profonda intesa con una donna, quasi che entrambi dovessero colmare una lacuna.
Quindi, ritengo poco probabile che ci fosse un pregiudizio nei confronti del genere femminile, perché persino quando il nemico era una donna, di solito non mancava una donna angelicata di qualche tipo, come contraltare.
Ovviamente, non posso mettere la mano sul fuoco a riguardo, perché non ho approfondito quest’autore a sufficienza, quindi prendi tutto ciò che ho scritto con le molle 😛
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