Come si può facilmente evincere, si definiscono traditional western quei film che hanno un approccio al tema della frontiera molto classico. Questo non vuol dire necessariamente “semplice” e privo di introspezioni psicologiche, analisi sociali, eccetera. Molti dei più grandi capolavori del genere appartengono a questo filone, che è il più nutrito e quello che più viene identificato con il western stesso nell’immaginario collettivo. Data, quindi, la sua importanza e i numerosi esempi a disposizione, ve ne parlerò per svariati post. Sono abbastanza sicuro che alcuni titoli li avete visti o almeno sentiti nominare!
I pionieri del West
Cimarron, 1931, Stati Uniti, regia di Wesley Ruggles
Inizio da qui quasi per obbligo, obbligo a cui però mi sottopongo volentieri. Cimarron fu il primo western a vincere l’Oscar come miglior film. Al di là di questo, è pregevole perché è sostanzialmente una grande e maestosa epopea, sia personale del protagonista sia della vita nella frontiera. Un uomo, Yancey Cravat (Richard Dix), si stabilisce in Oklahoma a fine Ottocento, quando il governo regalava terra ai coloni per farli insediare lì. Dirigente di un giornale, si sente stretto quando la cittadina si espande e sviluppa e si sposta di nuovo, lasciandosi alle spalle pure moglie (Irene Dunne) e figlio.
Posso essere d’accordo sul fatto che magari l’Oscar era eccessivo. Però mi trovo anche contrario ai voti bassini che il film ha ricevuto nei database di cinema, perché secondo me è ancora piuttosto emozionante, ma riconosco che l’età e la durata considerevole non favoriscono. È anche un buon esempio di passaggio dal cinema muto a quello sonoro e uno dei primi western epici realizzati.
Esiste un remake del 1960, che però reputo abbastanza soporifero.
Donne verso l’ignoto
Westward the Women, 1951, Stati Uniti, regia di William A. Wellman
Non c’è niente da fare, ho una predilezione per Wellman alla regia. La quasi totalità dei western da lui diretti che ho visto rientrano nella mia personale classifica come molto belli se non capolavori. Per questo, forse, e anche per rivalutarlo un po’ accanto ai nomi ben più noti, ho inserito nella mia lista questo Donne verso l’ignoto.
Il tema affrontato è quello della scarsità di passera nel West, che adesso ci fa ridere, ma che all’epoca era un problema sentito, perché al di là della voglia di fi*a, non si può popolare un Paese se manca il gentil sesso. Quindi c’erano vere e proprie agenzie che combinavano matrimoni con donne dell’Est (se non in Europa) con uomini dell’Ovest e poi portavano le prime a destinazione in lunghissimi e faticosissimi viaggi via mare o via terra. Come sempre Wellman è attento alla caratterizzazione dei personaggi e alla loro psicologia e qui quella delle donne protagoniste è ben analizzata, le loro sofferenze e difficoltà ottimamente narrate, i personaggi ben riconoscibili.
Mi vergogno sempre un po’ (no, non sempre, lo ammetto) ad essere così di parte, ma questo film è un ottimo prodotto troppo poco conosciuto e reso noto al pubblico.
Sentieri selvaggi
The Searchers, 1956, Stati Uniti, regia di John Ford
Be’, gente, qui siamo di fronte al capolavoro. Gusti a parte, non si può non riconoscere un’oggettiva qualità al film e una sua notevole epicità. Si tratta, forse, dell’apice raggiunto dal maestro John Ford.
Un ex-soldato confederato torna a casa ma, nel giro di breve, i comanche gli uccidono la famiglia e rapiscono le due nipoti. Subito lui e il nipote adottivo indiano per 1/8 partono con altri uomini in una spedizione di soccorso… o vendetta.
La psicologia dei personaggi è ottimamente analizzata. Il veterano odia visceralmente gli indiani, al punto da voler eliminare la nipote che teme essere diventata “una di loro”; la sua sete di vendetta è così forte da non farlo desistere dalla sua ricerca per anni; la sua evoluzione e il suo tormento sono palpabili. Ottimo John Wayne e molto bravo anche Jeffrey Hunter che lo affianca.
Magnifici i paesaggi: la Monument Valley tanto cara a Ford è qui al suo massimo splendore, ma è uno dei tanti ambienti e climi che gli inseguitori dovranno affrontare, immersi nella splendida fotografia.
Triste, poetico, ma non privo di azione, con un finale dal sapore davvero amaro, ma che era l’unico possibile e che è rimasto nell’immaginario cinematografico. Giustamente quest’opera è da molti considerata il miglior western di sempre.
La conquista del West
How the West Was Won, 1962, Stati Uniti, regia di Henry Hathaway, George Marshall, John Ford, Richard Thorpe
Terzo western epico di cui vi parlo in questo post (!), è forse la massima esaltazione mai vista su grande schermo della storia della frontiera. Ci credevano così tanto che i produttori lo girarono nell’allora costosissima tecnica del cinerama, che senza dubbio esalta la bellezza dei paesaggi e vi fa immergere lo spettatore.
Ben quattro registi misero mano al film, occupandosi ciascuno di differenti spezzoni, che ricostruiscono la storia del West dall’epoca dei cacciatori di pelli fino alla completa civilizzazione del West. Film a episodi, quindi, ma che si lascia gustare molto bene.
Il cast è impressionante: Carroll Baker, Lee J. Cobb, Henry Fonda, Carolyn Jones, Karl Malden, Gregory Peck, George Peppard, Robert Preston, Debbie Reynolds, James Stewart, Eli Wallach, John Wayne, Richard Widmark, Walter Brennan, David Brian, Andy Devine, Raymond Massey, Agnes Moorehead, Harry Morgan… insomma, tanti volti noti del cinema di genere.
A me è piaciuto molto. Certo non è una visione leggera da affrontare tutte le settimane per rilassarsi, ma è qualitativamente meritevole e narrativamente potente. Poi magari a qualcuno questa enfasi sulla conquista può far storcere il naso.
Tom Horn
Tom Horn, 1980, Stati Uniti, regia di William Wiard
Tornando su livelli di fama minore, questo è un buon prodotto sottovalutato, che racconta in maniera non troppo fedele ai fatti dell’ultimo periodo di vita di Tom Horn. Durante la guerra del bestiame in Wyoming, tra fine Ottocento e inizio Novecento, questo ex-scout dell’esercito viene ingaggiato per fermare i ladri di mucche, essendo nota la sua abilità come tiratore sulle lunghe distanze.
La pellicola ha il merito di presentare in maniera ben resa un tema scottante come quello del passaggio di potere dagli allevatori ai coloni, che non fu privo di scontri e neppure caratterizzato da una distinzione manichea tra buoni da un lato e cattivi dall’altro. Tom Horn finì coinvolto in questa faida da partecipante attivo e venne accusato di omicidio di un ragazzino; non si sa come andarono i fatti e la pellicola stessa sceglie abilmente di non darci una risposta.
Un po’ film biografico e un po’ legal thriller, con sprazzi di azione e battute del protagonista, è un’accattivante e riuscita miscela. Steve McQueen, in una delle sue ultime interpretazioni, ci regala un ottimo protagonista.
Appaloosa
Appaloosa, 2008, Stati Uniti, regia di Ed Harris
Il proposito dichiarato del regista e attore protagonista era quello di riproporre un western vecchio stile, sulla scia dei grandi classici. La storia raccontata e il modo in cui viene narrata sono in effetti molto affini a quelle viste nei decenni d’oro del genere: due uomini (Ed Harris e Viggo Mortensen) vengono ingaggiati per fermare le angherie di un fuorilegge (Jeremy Irons) che spadroneggia nella cittadina di Appaloosa. A complicare il quadro c’è la presenza di una giovane vedova (Renée Zellweger).
Tecnicamente ben fatto, con una buona recitazione e una storia solida, soffre forse di una durata un po’ eccessiva.
Ha il merito di essere stato uno dei primi western del XXI secolo a riportare l’attenzione sul genere e, soprattutto, il genere nelle sale italiane in quello che fu un mini-boom durato circa otto anni. Decisamente un buon rispolvero, anche apprezzato dalla critica, ma forse un po’ glissato dal pubblico.
Per l’elenco complessivo dei sotto-generi western che sto trattando. —> Qui.
Ecco cos’altro non ho messo nella mia lista di film peggiori: Appaloosa!!
Mi sa che stilerò un seguito 😀 😉
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😭
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Nuuu, dai, non fare così… 😅
… tieni, un fazzolettino ed una carezzina 🤗
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