FILM: 4 western sulla cavalleria che meritano

Bentornati ad un altro appuntamento con una serie di western famosi – o almeno interessanti per me – che presento di volta in volta suddivisi per categorie. Oggi mi occupo di quelli che hanno per tema la cavalleria.

Cavalry western 01La storia del generale Custer
They Died With Their Boots On, 1941, Stati Uniti, regia di Raoul Walsh
Questo biopic vede come mattatore assoluto Errol Flynn nei panni del celebre generale Custer (che in realtà non era un generale, ma seppe vendersi bene all’opinione pubblica). Oggi la sua inefficienza e le sue lacune sul posto di comando sono note, grazie ad una serie di film successivi e alle ricerche storiche effettuate. Non è sempre stato così. Oppure, in certi casi, pur sapendosi la verità, si è preferito presentare al pubblico un alone più eroico, romantico e romanzato delle vicende. Questo è forse – se lo si vuole considerare tale – il difetto principale del film. Pur accennando qua e là alle mancanze del protagonista, ne tratteggia tuttavia un’immagine alquanto nobile, stoica e generosa, un esempio di audacia e magnanimità.
Quindi la disfatta di Little Big Horn non appare come l’esito inevitabile delle scelte sul campo effettuate dal comandante, ma come il risultato di meschine manovre politiche a Washington. Che è poi quello che la moglie di Custer – qui interpretata dalla brava Olivia de Havilland – ha sempre voluto che la Storia riportasse.
Fatta questa precisazione, la pellicola mi è piaciuta, a tratti mi ha anche divertito ed è filata liscia per tutte le sue due ore e oltre. E poi come non emozionarsi almeno un po’ di fronte alla famosa last stand, l’ultima resistenza?

top10-registi-01.jpgIl massacro di Fort Apache
Fort Apache, 1948, Stati Uniti, regia di John Ford
Nonostante l’importanza dell’azione e dell’attesa battaglia con gli indiani, il fulcro della vicenda è il rapporto tra i personaggi principali. Da un lato abbiamo il personaggio interpretato da John Wayne, un capitano esperto di vita in territori ostili e di rapporti con gli indiani; dall’altro, il colonnello impersonato da Henry Fonda, pieno di sé e sicuro della giustezza delle proprie asserzioni; in mezzo, la figlia del colonnello (Shirley Temple), invaghita del capitano. Sulla tensione delle relazioni tra questi tre si gioca sostanzialmente il film, che pone di fronte all’intramontabile conflitto tra l’autorità boriosa e la saggezza inascoltata. Il titolo italiano spoilera senza ritegno l’esito del film, ma non è un problema, perché lo si può intuire da subito: come dicevo, non è questo l’importante, non è lo scontro campale in sé (che pure è focale… e avvincente).
Il West aveva bisogno di eroi e di martiri… e l’attacco di Cochise al forte glieli fornirà, anche a costo di distorcere la verità storica, come si vedrà alla fine del film.
Questa è la prima delle tre pellicole facenti parte della cosiddetta “Cavalry Trilogy” di Ford. Consiglio anche le altre due, I cavalieri del Nord Ovest (She Wore a Yellow Ribbon, 1949) e Rio Bravo (Rio Grande, 1950), che però mi hanno onestamente impressionato meno.

Cavalry western 03I dannati e gli eroi
Sergeant Rutledge, 1960, Stati Uniti, regia di John Ford
Segnalo questa pellicola perché decisamente sui generis, indice di quanto un regista come Ford – pur legato ai canoni della narrazione classica (ed epica) della frontiera – sapesse reinventarsi.
La vicenda è quella del sergente Rutledge (Woody Strode), nero, accusato di stupro e omicidio di una ragazza bianca. C’è tutto quello che occorre per dare in pasto il nero cattivo all’opinione pubblica scandalizzata. Durante il processo, però, la realtà inizierà a mostrarsi più intricata di quanto potesse sembrare di primo acchito. Più che i fatti, è il disprezzo verso chi non è apprezzabilmente pallido a voler condannare il sergente. Il tenente Cantrell (Jeffrey Hunter) viene incaricato della difesa e, in una sorta di Il buio oltre la siepe in salsa western – cercherà di fare luce sul caso.
Non c’è molto da aggiungere, se non sottolineare che, come sempre, John Ford mostra la propria abilità dietro la macchina da presa, con una storia intrigante e mai noiosa, una fotografia pulita e una buona direzione del cast.
Il film può essere considerato un revisionist western, sotto-genere di cui però mi occuperò più avanti.

Cavalry western 04Sierra Charriba
Major Dundee, 1965, Stati Uniti, regia di Sam Peckinpah
In quello che è forse il più tradizionale dei suoi western, Sam Peckinpah mette in scena una caccia all’uomo – all’indiano – raffazzonata ma disposta a tutto. Soldati della cavalleria, prigionieri di guerra confederati, mercenari e scout – sotto la guida e l’iniziativa del maggiore Dundee – partono alla ricerca dell’apache Sierra Charriba, intenzionati a stanarlo e ucciderlo anche superando il confine con il Messico, dove si rifugia.
La forza di questo film sta, secondo me, principalmente nel cast. Oltre a Charlton Heston nel leading role e Richard Harris a supportarlo, troviamo James Coburn, Jim Hutton, Ben Johnson, Warren Oates, Mario Adorf e altri volti relativamente noti.
La pellicola, secondo il mio modesto parere, non è completamente riuscita in tutte le sue parti. Date le premesse, credo che sarebbe potuta risultare più esplosiva ed elettrizzante. Nella realtà, in certi momenti non appare sempre azzeccata e avvincente e, pur restando un validissimo intrattenimento, non può che far percepire un po’ di rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere. Forse il problema è che la durata di 2 ore e 3 minuti è eccessiva per la vicenda che si intendeva narrare. Ed ecco che forse i mezzi e gli attori a disposizione sono stati un’arma a doppio taglio: si sarebbe potuto ottenere un eccellente B movie incentrato sull’azione e si è invece puntato ad un prodotto più riflessivo e per certi versi epico, senza averne però tutte le basi.

Per l’elenco complessivo dei sotto-generi western che sto trattando. —> Qui.

 

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8 risposte a FILM: 4 western sulla cavalleria che meritano

  1. Celia ha detto:

    L’unico che mi può interessare è quello più atipico, Sergent Ruthledge.
    Sul desiderio di un alone apologetico di eroismo non discuto, certi film che oggi ci disturbano e suonano smaccatamente retorici allora avevano un senso.
    Non che all’epoca gli spettatori fossero scemi e tutti quanti ignari di come andassero lette le cose realmente, ma ogni momento storico ed ogni regista fa le sue scelte.
    Resta il fatto che a mio sentire, se non appunto per un interesse storico o per passione per il genere, non c’è motivo per… pipparseli 😉

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  2. MariaSte ha detto:

    A parte Sergio Leone ammetto di essere una profana del genere. Leggo però con piacere i post perché riscopro qualche film che mio padre ancora oggi si trova a guardare con passione.

    Piace a 2 people

  3. Pingback: DELIRI GENERICI E FILM: Presentazione di un’iniziativa inutile | Delirium Corner

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