Continuo la mia rassegna di western degni di interesse da parte mia o della critica, suddivisi per categorie. L’ultima volta ho parlato di quelli ambientati dopo il periodo classico, oggi mi sposto dall’altra parte e vi dico la mia su alcuni collocati temporalmente prima, quando ancora gli Stati Uniti non erano una nazione indipendente. Pur essendo film “di frontiera”, questa era ubicata molto più indietro e la commistione con il genere avventuroso è fortissima.
Passaggio a Nord-Ovest
Northwest Passage, 1940, Stati Uniti, regia di King Vidor
Spencer Tracy, Robert Young e Walter Brennan sono i protagonisti di questa marcia in territori allora sconosciuti o appena battuti. In un reciproco scambio di fortini e villaggi distrutti, i ranger e i nativi si danno ad una caccia all’uomo nelle foreste del Nord-America. Per i bianchi non sarà facile tornare ad un rifugio sicuro venendo braccati dagli inseguitori (e con i francesi nei paraggi).
Devo dire che non ricordavo la data di questo film e (ri-)scoprire che è così vecchio mi ha lasciato un po’ sorpreso. La sua freschezza e la sua vivacità mi avevano lasciato supporre un anno posteriore – anche se i nomi degli attori avrebbero dovuto farmi venire dei sospetti. Certamente ha un aspetto vintage, ma penso possa risultare accattivante anche per un pubblico odierno, soprattutto se affascinato dall’avventura in luoghi (quasi) incontaminati e dal cameratismo virile.
Gli invincibili
Unconquered, 1947, Stati Uniti, regia di Cecil B. DeMille
Ambientato ai tempi della Guerra franco-indiana (1754-1763, lo scenario americano della Guerra dei Sette Anni), segue le vicende della schiava bianca Abby (Paulette Goddard) e del capitano Holden (Gary Cooper). Loro nemico è il malvagio Garth (Howard Da Silva), che sta fomentando gli indiani per scacciare i coloni dalla valle dell’Ohio e prendersi tutto il terreno così liberatosi.
Punto forte di questa pellicola stagionata è senza dubbio l’ambientazione, dal sapore esotico e piena di pericoli per l’uomo civilizzato. Ed effettivamente all’epoca non era uno scherzo sopravvivere nelle foreste americane, circondati da indigeni pronti a scotennare per riappropriarsi delle loro terre.
Divertente e un po’ ingenua la scena in cui il protagonista inganna gli indiani servendosi della bussola, presentandola come un’arma potentissima e piena di magia estremamente pericolosa. Ma davvero erano così sempliciotti, questi nativi?
Complessivamente il film mi è piaciuto molto, nonostante sia particolarmente lungo e piuttosto vecchio, ma a me d’altro canto piacciono queste robe d’annata.
Manto Nero
Black Robe, 1991, Canada/Australia/Stati Uniti, regia di Bruce Beresford
Questo è il tipico film che la critica probabilmente non suggerirebbe ma che voglio proporvi per gusti personali. Ambientato davvero agli albori della frontiera (XVII secolo), è particolare perché si svolge in Canada. Un giovane gesuita e il suo assistente partono per una missione di conversione tra le tribù indiane del Québec. Tra incomprensioni e avversità climatiche, il protagonista avrà modo di maturare e conoscere meglio il mondo in cui si è ritrovato.
Probabilmente il tempo e il luogo in cui si svolge la storia – piuttosto inusuali – hanno giocato a favore di questo film, ma lo considero particolarmente accattivante e degno di menzione. Questo a dispetto del cast non famoso e del budget tutto sommato limitato. E’ riuscito a trasmettermi le difficoltà del rigido inverno, le reticenze dei nativi verso gli stranieri, la forza d’animo dei personaggi. Ho apprezzato anche la calma, la serenità con cui i due mondi si incontrano. In tanti film bianchi e indiani si approcciano in maniera violenta e ostile ma qui, nonostante gli inevitabili attriti e dubbi, è il rispetto ad avere la meglio.
Sempre per l’ambientazione non frequente – in questo caso il Messico sotto la corona spagnola – vi segnalo anche I cannoni di San Sebastian (1968, Francia/Italia/Messico/Stati Uniti, regia di Henri Verneuil)
L’ultimo dei Mohicani
The Last of the Mohicans, 1992, Stati Uniti, regia di Michael Mann
Ok, credo non ci siano dubbi sul fatto che questo sia il film più famoso ambientato nell’America coloniale, così come celeberrimo è il romanzo da cui è tratto. Ne esistono svariate versioni che risalgono fino ai tempi del cinema muto, ma questa con Daniel Day-Lewis nei panni di Hawkeye, Madeleine Stowe in quelli di Cora e Russel Means in quelli di Chingachgook è quasi certamente la più celebre. Lo vidi quando ero piuttosto piccolo, ma ancora oggi lo riguardo con piacere, forse anche per la notevole presenza di azione che dà un ritmo spedito e avvincente alla storia.
La splendida fotografia, l’eccellente colonna sonora, la buona performance attoriale ne fanno un film ancora oggi molto apprezzato. Alcune scene sono memorabili, forse tra tutte quella finale con i protagonisti che osservano i vasti paesaggi di fronte a loro, un mondo apparentemente ancora intatto ma che sta già mostrando i segni di una nuova era, come le parole di Chingachgook rendono palese. Essendo decisamente famoso non mi ci soffermo troppo, dato che probabilmente in molti lo conoscete, ma non menzionarlo mi sembrava decisamente ingiusto.
Per l’elenco complessivo dei sotto-generi western che sto trattando. —> Qui.
La colonna sonora de L’ultimo dei mohicani non è solo eccellente, è anche terribile.
A me ogni volta fa così male che faccio fatica ad ascoltare fino in fondo…
… ho amato il film, ma ricordo con altrettanto piacere il libro, che lessi alle elementari (terra nebulosa di scoperte…) e non ricordo nemmeno perché: voglio dire, mica era il tipo di cosa che andavo a cercare volontariamente.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Adoro l’ultimo dei Mohicani, specialmente la colonna sonora da brividi.
É un film crudo, scioccante, ma un cult eterno.
É tutto perfetto: sceneggiatura, recitazione, regia, musiche, costumi ed é fedelissimo alla storia
"Mi piace"Piace a 2 people
Pingback: DELIRI GENERICI E FILM: Presentazione di un’iniziativa inutile | Delirium Corner