LIBRI: La materia di Britannia – Thomas Malory

Britannia 13Vissuto nel Quattrocento, Thomas Malory è una figura rocambolesca e avventurosa come quelle di cui ha narrato nella sua opera più celebre, La morte di Artù. Ebbe vari guai con la legge, fu accusato di tentato omicidio, furto, stupro, fuggì dal carcere due volte, compose parte del suo romanzo arturiano in prigione e fu probabilmente un cavaliere.

Non posso non concludere la mia breve rassegna sulla materia di Britannia con questo autore, vissuto in una fase che precedette grandi cambiamenti. Il suo libro segna la transizione tra il romanzo medievale e quello moderno e può ritenersi l’ultima opera appartenente al ciclo arturiano propriamente detto, quello originale e non i “remake” successivi. 

Britannia 11Le morte d’Arthur è un lungo librone che recupera, condensa e approfondisce quanto scritto in precedenza in francese e in inglese su questo personaggio e sulla sua corte. In un certo senso, è la summa di quanto è stato narrato sul celebre sovrano e sui suoi cavalieri e, pur non essendo forse il libro stilisticamente e narrativamente migliore, può ritenersi il più adatto per conoscere l’argomento per chi non volesse prenderne in mano più di un autore.

Il romanzo è diviso in libri, ciascuno dei quali si concentra su un tema principale: i genitori di Artù e la sua ascesa al trono; la lotta con l’imperatore romano Lucio (già…); Lancillotto del Lago; Gareth; Tristram (cioè Tristano); la ricerca del Sacro Graal; l’amore tra Lancillotto e Ginevra; la morte di Artù. I miei preferiti sono probabilmente gli ultimi tre. Quello sul Graal, in particolare, pur essendo solo una tra le tante versioni, è completo e chiaro su come andò la famosa ricerca, riferendo le vicende dei tre “cavalieri che fecero l’impresa”. L’ultimo libro, invece, è scritto piuttosto bene e narra in maniera drammatica e concitata gli avvenimenti dell’ultimo periodo di regno di Artù, così come quanto accadde dopo a vari personaggi celebri. Memorabile e celeberrima la battaglia di Camlann, tra il sovrano e suo figlio Mordred.

Britannia 12Non mancano riflessioni di una certa tristezza e poetica malinconia: il regno di Artù era qualcosa di idilliaco, nobile, forte e puro creato per mantenere la stabilità e la pace nei vari territori. L’ambizione (si veda Mordred), la lussuria (Lancillotto e Ginevra) e il tradimento porteranno alla fine di quest’epoca così bella e per questo così precaria.
Le parole che l’autore pone in conclusione della sua opera, intrise di consapevole avvicinamento della propria fine, sono il triste e ideale suggello alla vicenda narrata: Gentiluomini e gentildonne che avete letto il libro di Artù e dei suoi cavalieri dall’inizio alla fine, vi supplico di pregare finché sono in vita perché Dio mi mandi una buona liberazione. Quando poi sarò morto, vi chiedo di pregare tutti per la mia anima. Non so a voi, ma a me un simile epitaffio fa venire i brividi.

Ripeto che probabilmente Malory non è un autore dalle spiccate capacità di scrittura da un punto di vista prettamente stilistico, ma gli va senza dubbio riconosciuto il merito di aver saputo riunire in una sola opera tanto materiale. Certamente il testo è corposo e può risultare piuttosto prolisso (ma ci sono opere su questo tema ben più lunghe, come il Lancelot-Grail, una delle sue fonti). Insomma, se volete leggere l’opera cavalleresca per antonomasia, credo che questo sia l’ideale.

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