Il primo e più celebre libro dell’avventuriero Allan Quatermain è anche il capostipite del genere “mondo perduto”, quello cioè in cui i personaggi scoprono luoghi e civiltà sconosciuti e nascosti. A questo romanzo sono stati ispirati numerosi film, la versione più importante dei quali è probabilmente quella del 1950. Di seguito illustrerò quelli che per me sono pregi e difetti, somiglianze e differenze delle due opere, quella su carta e quella su pellicola.
Le miniere di re Salomone (King Solomon’s Mines, 1885, di H. Rider Haggard)
Alla ricerca del fratello, partito in cerca di diamanti nell’Africa meridionale, un forzuto signorotto inglese, un amico capitano, due portatori indigeni, il guerriero Umbopa e il cacciatore Quatermain (assoldato allo scopo di guidarli e supportarli) partono per una missione di recupero. Sono diretti verso un luogo misterioso, le montagne note come Seni di Saba, oltre le quali si favoleggia si trovino le miniere da cui Salomone – o qualche altro re dell’antichità – attingeva le sue ricchezze. La storia è piuttosto avvincente, ma devo dire che non l’ho trovata priva di difetti. Innanzitutto, l’inizio fatica ad ingranare e anche il finale è troppo prolisso. E’ nel cuore del libro che si trova la parte maggiormente degna di essere affrontata. Inoltre, nelle prime pagine il narratore si scusa per il suo linguaggio semplice, dal momento che non è uno scrittore. E in effetti non brilla per capacità narrative e non ho capito quanto questo sia voluto e quanto sia accidentale ma, almeno inizialmente, non giova alla lettura. In seguito, vuoi per un miglioramento stilistico, vuoi perché ci si abitua, la cosa si avverte meno. I personaggi sono piuttosto interessanti e caratterizzati, mi aspettavo un Quatermain più eroico, considerando che sarà protagonista di numerosi romanzi d’avventura, invece non eccelle sopra i suoi compagni di viaggio. Un Indiana Jones ante litteram, quindi, ma con dei limiti. Complessivamente la storia non è male, ma non la metterei neppure tra le punte di eccellenza della narrativa d’avventura, se non per la sua relativa importanza storica, legata agli elementi citati nella premessa.
Le miniere di re Salomone
King Solomon’s Mines, Stati Uniti d’America, 1950, di Compton Bennett e Andrew Marton
Questa è probabilmente la produzione più grossa tra le tante ispirate al romanzo di Haggard. Pur essendo un buon film di avventura e contando sull’aspetto esotico dei luoghi in cui è ambientato (e in parte girato), non l’ho trovato eccessivamente coinvolgente. Quasi mai, mi dispiace scriverlo, ho percepito vera suspense, vero humour o vero intrattenimento. Ciò non toglie che sia valido per trascorrere senza pensieri un’ora e quarantatre minuti, ma non ci si deve aspettare chissà cosa. La presenza di discreti attori (Stewart Granger e Deborah Kerr) può qualcosa, ma non troppo. Inoltre la storia è quasi completamente diversa dal libro. A parte l’esistenza del “mondo perduto” e due o tre nomi di personaggi, il resto è quasi tutto inventato, compresa la necessaria presenza femminile che però nel romanzo era assente. Purtroppo, anche le altre versioni – incluse quelle valide del 1937 e del 1985 – presentano una trama pesantemente modificata. Non dico “purtroppo” perché ciò è per forza un male, ma perché almeno una sola rappresentazione fedele sarebbe stato bello vederla.
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