Il celebre mito di Shangri-La (Shambala nel folklore tibetano) deve la sua fama in Occidente al libro scritto da James Hilton e ai film che da esso sono stati tratti. Qui vi presento la mia breve recensione sul romanzo e sulla versione cinematografica più celebre, nel caso vogliate trarre spunto per le vostre letture e visioni.
Orizzonte perduto (Lost Horizon, 1933, di James Hilton)
In fuga da una rivolta a Baskul, quattro passeggeri vedono il loro volo dirottato e precipitano tra le montagne dell’Himalaya, trovandosi poi in una città nascosta in una valle amena. Il libro, piuttosto famoso e soprattutto citato in svariate altre opere (da Carl Barks a “Uncharted 2”), è una lettura, a mio avviso, assolutamente meritevole. Sotto vari punti di vista. Innanzitutto perché, come fonte di puro intrattenimento, centra ampiamente il bersaglio, riuscendo a catturare il lettore e a fargli leggere una pagina dopo l’altra; molto bravo l’autore, inoltre, a chiudere i capitoli con un evento significativo, che induca a procedere. Inoltre va aggiunto il fascino che, volenti o nolenti, i luoghi esotici e distanti esercitano almeno un po’ su tutti noi. Come non sognare, anche solo se per il breve tempo di una lettura, di una realtà isolata dalle violenze e dalle pochezze del mondo moderno? Come non sentirsi attirati – e combattuti, come i protagonisti – dalle attrattive che questa può offrire? “Siamo noi i prigionieri, o sono loro?”. Bellissimi anche i ragionamenti e le riflessioni, così come gli alterchi tra personaggi, i loro dubbi. Un’opera che, sempre secondo il mio parere, ha sofferto pochissimo del tempo trascorso dalla sua stesura. Fa inoltre riflettere l’impatto che ha avuto nella cultura di massa: dal vecchio nome di Camp David, alla contea di Zhongdian ribattezzata Shangri-La, alle numerose citazioni in brani musicali.
Orizzonte perduto
Lost Horizon, Stati Uniti, 1937, di Frank Capra
Dopo pochi anni dall’uscita del romanzo, il celebre regista Capra decide di proporne una versione filmica. L’operazione gli riesce piuttosto bene. Alcuni sono i cambiamenti rispetto al libro: il nome del protagonista da Hugh diventa Robert (elemento trascurabile), i passeggeri dell’aereo sono in fuga dalla Cina e diventano cinque, inoltre cambiano un po’ i rapporti tra loro. Nonostante queste differenze, ritengo che il film sia piuttosto fedele all’opera originale e che sia in grado, malgrado i limiti di tempo, di condensarla in maniera estremamente buona. Purtroppo dei 210 minuti originali ne sono sopravvissuti solo 132 (senza contare che inizialmente erano risultate 6 ore complessive!, ma il regista fu più volte costretto a tagliare, oppure ciò venne fatto senza il suo consenso); esistono tuttavia edizioni che ricostruiscono alcune scene perdute anche grazie agli script recuperati. Sono stati girati inoltre due differenti finali, che in un certo senso dividono in due quella che è la conclusione del romanzo. Ad ogni modo, si tratta di un film che merita di essere visto e che, come il libro, è capace di risultare godibile anche dopo tanti anni. Gli scenari montuosi, così come gli edifici di Shangri-La, sono resi in maniera estremamente fascinosa, le musiche del celebre Dimitri Tiomkin fanno il loro dovere, la sceneggiatura – complice la fonte letteraria – è coinvolgente, la recitazione niente male. In conclusione, se non disdegnate i film un po’ datati, dategli una chance.
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