Brimstone, 2016, Paesi Bassi/Francia/Germania/Belgio/Svezia/Regno Unito, regia di Martin Koolhoven
Un western attesissimo, non nel senso che ci fosse chissà quale hype da parte del pubblico internazionale, ma nel senso che dopo essere stato presentato a settembre al festival di Venezia, è uscito nelle sale solo tra gennaio e marzo.
Seguono alcune mie considerazioni sparse.
Il tema: ci troviamo di fronte ad un discreto prodotto, anche se sa parecchio (almeno per me) di minestra riscaldata. E’ l’ennesima storia con un predicatore pazzoide che spadroneggia in paese e parla sempre dell’inferno in cui finiranno gli altri. Dopo “Sweetwater” (2013) e “The Duel” (2016), perdonatemi ma il tema ha un po’ stancato gli amanti del genere.
La storia ha alcuni spunti interessanti e, come sempre più spesso accade, si diletta nel mostrare gli aspetti più crudi e sordidi della realtà di frontiera (esagerandoli anche un po’?). Quindi ecco prostituzione, mancanza di valori – anzi, valori distorti -, assenza di scrupoli e violenza. Parecchia violenza.
La fotografia: i paesaggi freddi della Germania sono stati usati come ambientazione, e ben si adattano alla gelida aridità interiore delle persone che vengono mostrate nella pellicola. A fare da forte contrasto, le (poche) scene desertiche girate in Spagna. Nel complesso, una buona fotografia.
Gli attori: non so perché, ma la recitazione di Dakota Fanning, con la sua fissità e forzata freddezza ha qualcosa di irritante. Complessivamente, però, non posso muovere vere critiche al cast, che anzi è capace di mostrare un buon adattamento al proprio ruolo. Marmoreo Guy Pearce, mentre curioso è vedere il divo delle ragazze Kit Harington nei panni di un uomo di frontiera.
Per concludere, si tratta di un film di discreta durata, due ore e mezza, ma che riesce a portare avanti una storia abbastanza articolata che si sviluppa in un arco di tempo piuttosto lungo, rendendo più interessante il tutto. Mi sento di consigliarlo, anche se va preso con le pinze, soprattutto perché sembra voler fare dell’ostentazione di violenza e crudezza il proprio cavallo di battaglia. Apprezzabile, però, il discostarsi da una trama eccessivamente classica.