TOP10: Serial killer

Tra le tante cose che mi rendono una persona sbagliata, c’è il mio interesse morboso per i serial killer. Proprio così, quei tizi che costituiscono una percentuale tanto piccola sul totale degli assassini nella realtà, quanto grande nella fiction.
Inutile dire che questa nota non è un’apologia dell’omicidio seriale, né un invito a farlo a casa, ma semplicemente un’analisi dei casi più interessanti (per me). Purtroppo non esiste una bibliografia estesissima in italiano.
Dal momento che dei serial killer si è iniziato ad avere notizie documentate con una certa frequenza solo dal XIX secolo e solo (almeno inizialmente) per i Paesi con un livello di sviluppo maggiore, la lista risente di questi fattori. Non vanno però dimenticati i grandi classici come Gilles de Rais ed Elizabeth Bathory.
[L’elenco è in ordine cronologico]

Locandina di un film del 2008 sul personaggio

Locandina di un film del 2008 sul personaggio

Alexander Pearce
Luogo: Australia (Tasmania, allora Van Diemen’s Land)
Periodo: 1822-1823
Vittime: 2-5
Di origini irlandesi, e condannato a sette anni di carcere agli Antipodi per un furto di scarpe, divenne noto per la sua fuga nelle terre selvagge della Tasmania. O, meglio, per ciò che si suppone fece durante la sua fuga. La certezza, in casi così vecchi e privi di fonti esatte, non si può avere. Tuttavia, si sa che fuggì con altri sette carcerati e che, quando venne ripreso, era solo. Fece varie confessioni, cambiando spesso la versione dei fatti. Ciò che emerse, però, fu una storia di cannibalismo. Presi dalla fame, i fuggitivi avrebbero estratto a sorte chi fungesse da cibo. Avevano una sola ascia, che fu contesa più e più volte: l’ascia del potere, l’ascia della vita e della morte. Averla voleva dire non essere il prossimo a finire sacrificato. Dal momento che il gruppo si divise e che probabilmente non fu solo Pearce a commettere gli omicidi, è difficile dire quanti ne avesse sulla coscienza. Ad ogni modo, fuggì una seconda volta con un compagno e, catturato nuovamente, fu trovato con dei pezzi di corpo umano nella sacca, sebbene disponesse ancora di “cibo normale”. Fu impiccato.

 

Bloody Benders
Luogo: Stati Uniti (Kansas)
Periodo: 1869-1872
Vittime: 10-12?

Una famiglia di coloni che possedeva una locanda lungo la Osage Road, che collegava il Kansas con il Missouri. In un territorio così “selvaggio” e in cui era facile sparire a causa dei pericoli che lo caratterizzavano, uccidere una serie di passanti e ospiti non era una cosa troppo rischiosa. Così i quattro Bender (padre, madre, figlio e figlia) pare abbiano ammazzato almeno una dozzina di persone che si erano fermate a sostare presso di loro. Tuttavia, si sbarazzarono di un tale – il Dr. William Henry York – che si era messo a cercare notizie su un suo vicino, già scomparso. Questo York aveva un fratello senatore e uno colonnello, che non fecero finta di niente, ma indagarono. Sorsero forti sospetti sulla famiglia Bender, che rischiò l’impiccagione sui due piedi. Tuttavia, nottetempo, fuggirono senza lasciare tracce dietro di sé (a parte una serie di corpi mutilati nella locanda). Che fine fecero non si sa, né le informazioni su di loro sono certe: il grado di parentela, la loro provenienza, i veri nomi… tutto è avvolto dal dubbio. E questo contribuisce al loro fascino perverso.

 

Vasilij Komarov
Luogo: URSS (Mosca)
Periodo: 1921-1923
Vittime: 33
Allevatore di cavalli nel triste periodo della Guerra Civile russa, contraddistinto da fame e povertà, pensò di arrotondare ammazzando persone che attirava nella sua scuderia per far loro vedere gli animali, svuotandone poi le tasche. Il primo omicidio del “Lupo di Mosca” avvenne quasi per caso, quando si infuriò con un potenziale cliente (ubriaco), ritenendolo uno speculatore. Lo soppresse a martellate e poi ne nascose il cadavere in una casa diroccata. Ci prese gusto: attirava, ubriacava, strangolava (o martellava). Semplice come bere un sorso di vodka. I corpi finivano nel fiume, in case abbandonate, in discariche… ovunque facesse comodo. Non fu molto furbo nel suo procedere, però, perché agì sempre negli stessi giorni della settimana e si fece vedere troppe volte da altri con le sue future vittime. Catturato assieme alla moglie (complice), mostrò poco rimorso. O perlomeno, non abbastanza per la rigida legge sovietica. I due vennero fucilati senza troppi fronzoli.

 

Leonarda Cianciulli
Luogo: Italia (Emilia-Romagna)
Periodo: 1939-1940
Vittime: 3
La storia della “saponificatrice di Correggio”, come divenne nota, avrebbe un qualcosa di comico, se non si trattasse di una tragedia. Questa donna di origine campana ma vissuta in varie parti d’Italia, conobbe la propria dubbia fama per le sue gesta nel territorio di Reggio Emilia. Qui, infatti, adescando con un pretesto o con l’altro delle ignare vittime di sesso femminile, le uccideva nel proprio appartamento. In almeno un caso pare abbia smembrato il corpo per scioglierlo nella soda caustica e farne del sapone. Come se non bastasse, parte dei resti fu usata per sfornare biscotti che condivise con vicine di casa. La sua fortuna fu che, in tempo di guerra, delle sparizioni erano meno sospette che in situazioni normali. Alla fine, però, venne scoperta e indotta a confessare, per poi finire in un manicomio criminale fino alla propria morte.

 

Marcel Petiot
Luogo: Francia
Periodo: 1942-1944
Vittime: oltre 27, impossibile stabilire il numero esatto
Un presunto medico. La Francia occupata dai nazisti. La guerra. Gente in fuga. Partigiani e Wermacht. Un clima perfetto per chi volesse ammazzare persone senza che lo si scopra. E’ quanto fece Petiot, sfruttando la sua fama di medico quando in realtà non lo era, fingendo di aiutare malati curandoli o procurando documenti a chi volesse scappare dai nazisti. Fornendo falsi documenti di invalidità ai francesi affinché non venissero spediti in campi di lavoro, riuscì a spacciarsi per buon sostenitore della causa della liberazione, mentre in realtà si trastullava con dei pazienti, uccidendoli. Anche le persone che, in teoria, aiutava a fuggire, sparivano in ben altro modo (come sparivano i loro beni dopo l’iniezione letale). I nazisti cercarono di sbarazzarsi di lui, credendolo davvero un membro della resistenza, ma fallirono. Alla fine fu il puzzo dei corpi che bruciavano nel suo camino a tradirlo: venne segnalato il fetore alle autorità, che scoprirono la verità. Tuttavia, riuscì a nascondersi dicendosi vittima della Gestapo e solo dopo la guerra venne arrestato. Le sue storielle su come aiutasse la resistenza non vennero credute. Nella miglior tradizione francese, venne ghigliottinato nel 1946.

Mostro di Firenze
Luogo: Italia (Toscana)
Periodo: 1968-1985
Vittime: 14-16

Probabilmente il più famoso caso di serial killer in Italia, che a dispetto dell’epoca recente in cui si verificò (quindi privo della nebulosità dei fatti accaduti secoli fa), presenta ancora numerose incertezze. Più di una persona ha dei dubbi sulla reale identità dei colpevoli e non si è sicuri che ad essere accusati e condannati siano stati i veri responsabili. E’ una storia piena di situazioni e personaggi torbidi, poco puliti. Difficile fare chiarezza completamente. Ha scosso il Paese perché la si è percepita come vicina a noi: impossibile che cose del genere possano accadere in luoghi tanto ameni; assurdo che esistano realtà così sporche, arretrate, oscure, in simili angoli d’Italia. E se oggi ci si ricorda del Mostro di Firenze più per i video del processo su YouTube, in passato si rideva di meno. Fatto molto interessante, inoltre, perché a differenza della maggior parte dei casi, in cui il serial killer è un individuo solo o al limite una coppia, qui siamo di fronte ad un gruppo di persone.

 

Pedro Lopez
Luogo: Colombia, Ecuador, Perù
Periodo: 1969-1980
Vittime: minimo 110, possibili oltre 300
La Colombia è la patria di tre dei più prolifici serial killer della Storia: Luis Garavito, Daniel Camargo e, appunto, Pedro Lopez. Quest’ultimo, cui hanno affibbiato l’appellativo di “Mostro delle Ande”, agì indisturbato per oltre un decennio adescando minori nelle zone più povere e/o selvagge di tre Paesi, per poi violentarle e ucciderle. Quando fu arrestato per uno di questi adescamenti, confessò oltre 300 omicidi. La polizia dubitò di un simile numero di assassini, fino a quando non venne ritrovata una fossa con 53 corpi. Condannato per 110 omicidi, venne incredibilmente rilasciato nel 1998 per buona condotta. Non si sa esattamente che fine abbia fatto. Secondo un documentario della A&E, pare che sia stato spiccato un nuovo mandato di cattura per un omicidio del 2002. Ciò che è surreale è, oltre al numero di vittime, la leggerezza con cui è stato scarcerato: del resto, la legge ecuadoregna prevede massimo 17 anni di prigione. Però, insomma, liberare uno che dice sarà felice di uccidere ancora perché è la sua missione…

Charles Sobhraj
Luogo: Thailandia, Malaysia, India, Nepal
Periodo: 1974-1976
Vittime: 12 o più
Una vita degna di un film d’azione, che in effetti è stato girato (oltre ad un altro di Bollywood ispirato a lui). Al di là del nomignolo appioppatogli, Bikini Killer, con lui c’era poco da ridere. Francese di origini indo-vietnamite, si trasferì nel Sud-Est asiatico, dove decise di intraprendere la carriera di assassino seriale di donne occidentali in vacanza. Dopo una adolescenza a metà tra il sottobosco criminale e l’alta società parigina, fuggì in India con la compagna incinta, derubando la gente lungo il viaggio. Continuò a vivere di furti e a girovagare tra l’Europa orientale, la Grecia e il Medio Oriente, per poi tornare – condannato, arrestato e fuggito più volte – in Thailandia. Qui diede il via alla propria carriera di serial killer, non disdegnando l’adescamento e il furto a danni di persone che, soggiogate dalla sua personalità, si fidavano di lui. Tra un omicidio e l’altro, si spostò in Europa e Asia usando passaporti falsi finché, dopo qualche decina di crimini e una banda di donne al suo servizio, venne imprigionato a Delhi nel 1976. Dopo vent’anni (e corruzione di guardie, mezzucci per non essere estradato in Thailandia dove sarebbe stato condannato a morte, ecc.), fu rilasciato e andò a Parigi, vivendo di bagordi sfruttando la propria fama. Solo nel 2003, giunto in Nepal, venne arrestato di nuovo e condannato all’ergastolo. E fidatevi: quello che ho riportato è solo uno stralcio delle sue vicende!

Harold Shipman
Luogo: Regno Unito
Periodo: 1975-1998
Vittime: oltre 250
Appartiene alla categoria dei cosiddetti “angeli della morte”, ovvero personale medico che uccide i propri pazienti anziché curarli. Per molto tempo si premurò di eseguire iniezioni letali di antidolorifici su malati anziani, scrivendo poi che il decesso era avvenuto per età avanzata. Qualcuno si insospettì per l’alto numero di morti tra i suoi pazienti e per l’alto tasso di cremazioni che autorizzò. Inoltre, non resistendo alla tentazione di raggranellare qualcosa, creò un falso testamento della sua ultima vittima, dichiarandosi erede di una grossa cifra. La verità venne infine a galla e, dopo un travagliato e celeberrimo processo, venne condannato a 15 condanne a vita (più quattro anni per aver falsificato il testamento). Si impiccò nel 2004 nella propria cella. C’è da dire che il suo caso portò a dei cambiamenti nelle pratiche mediche, con una maggiore attenzione alle diagnosi e al ruolo dei dottori.

Javed Iqbal
Luogo: Pakistan
Periodo: anni ’90, forse prima
Vittime: forse 100
Non si sa perché quest’uomo uccidesse. In una delle tante versioni fornite da lui stesso, era perché era stato trattato male e pestato da dei ragazzini e voleva quindi far soffrire le madri di altri ragazzini come la sua. Inoltre, disse di aver ucciso 100 persone perché aveva giurato di ammazzarne proprio quel numero; avrebbe potuto andare avanti, ma si era fermato perché quella era la cifra stabilita. Il suo modus operandi prevedeva la cattura di ragazzini, lo strangolamento, il loro scioglimento nell’acido e il gettare i resti nel fiume. Pare sia stato aiutato da quattro complici di meno di venti anni. Fu una sua lettera di confessione alla polizia ad aprire le indagini: a casa sua vennero trovati sangue, resti di corpi imbustati, vasche per l’acido, strumenti di tortura. Scrisse di volersi annegare nel fiume, ma risultò falso. Dopo una lunga caccia all’uomo, si consegnò alla giustizia. Venne condannato a subire la stessa sorte delle vittime, ma lui e un complice furono trovati morti in carcere. Rimangono aperti molti dubbi, inclusa la causa della loro dipartita.
[Un video su di lui]

 

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