Un’altra top10 a sfondo storico, dopo un periodo piuttosto lungo di stasi. Questa volta riguarda un tipo di personaggi che suscita in me una certa ammirazione, sebbene legato ad eventi non propriamente allegri della Storia umana: i condottieri. Tengo a precisare che non si tratta di una classifica in cui tento di inserire quelli che per me sono i 10 migliori condottieri, ma solo di una classifica in cui inserisco quelli che mi hanno affascinato di più, a prescindere dalla loro effettiva abilità.
10) Guglielmo il Conquistatore (1028-1087)
Guglielmo il Bastardo o Guglielmo I d’Inghilterra è maggiormente noto per il nomignolo a lui affibbiato a causa della maggiore delle sue imprese: la conquista dell’Inghilterra, l’ultima che sia mai avvenuta (1066). Normanno (nome dato ai vichinghi stanziatisi in Francia, nella regione della Normandia), decise che il suo ducato gli stava troppo stretto. Così varcò la Manica e sconfisse il re Harold nella battaglia di Hastings, una delle più significative nella Storia del Regno Unito. Fu anche un decente amministratore: introdusse infatti il Domesday Book, il censimento di tutte le proprietà dei sudditi. Favorì in maniera significativa un accentramento dei poteri nella figura del sovrano e quindi una forma di governo centrale.
9) Hernán Cortés (1485-1547)
La sua principale e, si potrebbe dire, unica grande impresa fu la conquista dell’Impero azteco, ma solo con questa è in grado di intrufolarsi nella classifica. Questo perché riuscire a sconfiggere una realtà di centinaia di migliaia di persone e di oltre 300.000 kmq con meno di 1.500 uomini è un’impresa non da poco. Certo, nelle cifre fu battuto a sua volta da Pizarro, ma la minore spietatezza di Cortés e l’abile uso che seppe fare degli alleati indigeni inducono a preferirlo al lontano cugino conquistatore dell’Impero inca. E davvero riuscire a trascinare dalla sua parte qualcosa come 200.000 nativi non è da tutti. Va inoltre considerato come, sia nell’impresa di conquista sia in quella di governo, sia stato osteggiato e ostacolato da una marea di avversari politici che fecero sì che non abbia mai potuto realmente godere in pace dei benefici della sua impresa.
8) Carlo Magno (742-814)
Benché abbia una forte simpatia per suo nonno, il celebre vincitore di Tours, Carlo Martello, devo riconoscere che Carlo Magno è “Magno” per fondate ragioni. Lottò su più fronti, portando quello che era il Regno dei Franchi a essere l’Impero carolingio. Per la prima volta dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente, in Europa occidentale veniva utilizzato di nuovo il titolo di imperatore. Sconfisse i longobardi e annetté il Nord Italia, pose un freno ai sassoni, mise al loro posto i nobili riottosi della Baviera, si liberò degli Avari, affrontò i Normanni… insomma, non si può dire che se ne restò con le mani in mano. Fu anche un sovrano illuminato, per quanto si potesse esserlo in quella fase storica, ed è ricordato per l’introduzione della “minuscola carolina”.
7) Thutmose III (1481 a.C. – 1425 a.C.)
Uno dei più bellicosi tra i faraoni egizi, fu figliastro di Hatshepsut, che disprezzò molto per avergli usurpato il potere per anni. Ad ogni modo, quando fu il suo turno di governare sul Paese del Nilo, lo fece con una certa dose di maestria e il suo principale scopo fu quello di espanderne i confini. La scelta era praticamente obbligata: il Medio Oriente, ovvero la regione tra il Sinai e la Siria. Tale fu la sua irruenza che dalla sua vittoria nella battaglia di Megiddo è nato l’uso del termine Armageddon (letteralmente, “Monte di Megiddo”) per indicare una distruzione immane. Si batté contro il Regno di Mitanni e Canaan, conquistò la Siria. In tarda età cambiò fronte ed effettuò una campagna in Nubia, spingendosi tanto a Sud quanto nessun altro faraone aveva mai fatto. Da lui ebbe inizio il breve periodo in cui l’Egitto fu un impero.
6) Lucio Domizio Aureliano (214-275)
Uno dei miei preferiti tra gli imperatori romani e uno di quelli che più si mossero sul campo di battaglia, volente o nolente. Prima di salire al trono fece una notevole esperienza militare in giro per l’impero: combatté contro i sarmati nell’Illiria, dopodiché fu stanziato a difendere i confini dai franchi e si dedicò anche ad un’ambasceria in Persia. Era un periodo di gravi tumulti, con un imperatore (Gallieno) e un usurpatore (Aureolo). Una congiura pare capeggiata dallo stesso Aureliano (ora magister equitum) si sbarazzò di entrambi. Eruli, Goti, Alamanni continuarono a impegnarlo ma, insomma, alla fine ci si accorse che ci sapeva fare ed eccolo al potere. Non trascorrerà che una minima parte del suo breve regno a Roma. E’ famoso infatti per aver sedato le rivolte di Zenobia in Oriente e di Tetrico in Occidente, le quali avvenivano comunque in un’epoca in cui tutto il confine dell’impero era continuamente minacciato. La capacità con cui seppe districarsi, guadagnare tempo e infine battere i due principali pericoli merita un elogio.
5) Jan Žižka (1360 circa-1424)
Generale ceco che prese parte alle lotte tra fazioni religiose e non solo. Iniziò la sua ascesa militare in età già avanzata. Partecipò, pare, alla battaglia di Tannenberg contro i cavalieri teutonici e sicuramente a quella di Grunwald. Tornato in Boemia e ripreso servizio per il re, pareva che la sua carriera fosse terminata (era il 1414). Tuttavia, la condanna al rogo per il riformatore religioso Jan Hus creò un terremoto politico: il re si barcamenava tra la fedeltà al Concilio di Costanza e al fratello imperatore di Ungheria e il supporto alla neonata Chiesa ussita di Boemia. La folla insorse e Žižka si ritrovò a coprire un ruolo di leader militare, a capo sia degli estremisti ussiti (i taboriti), sia di un gruppo appena più moderato (gli orebiti). Sconfisse più volte l’imperatore d’Ungheria Sigismondo e il mercenario Spano, ottenendo vittorie numerose anche dopo aver perso l’unico occhio superstite nel 1421. Addirittura, “condusse” le sue truppe da morto, tanto era la devozione che nutrivano per lui, vincendo nel 1424 a Pribyslav.
4) Edward il Principe Nero (1330-1376)
Il miglior condottiero inglese nella Guerra dei Cento Anni. Fu partecipe delle due più eclatanti vittorie della sua madrepatria: la battaglia di Crecy, cui partecipò a soli sedici anni, e la battaglia di Poitiers, in cui fu comandante delle truppe. In generale si distinse comunque per numerose operazioni in suolo francese, che spesso metteva alle strette con scorrerie a cavallo. Molto abile come militare, fu invece un amministratore scadente, tanto da trovarsi sovente in difficoltà finanziarie come Duca di Aquitania. Arrivò a partecipare ad una guerra civile spagnola per racimolare fondi, come mercenario. Combattendo al soldo di Pietro il Crudele contro Entrico di Trastamara, ottenne una significativa vittoria a Najera. Tuttavia mancava ancora di denaro e il suo datore di lavoro aveva il braccino corto, perciò smontò la baracca e tornò in Francia. Purtroppo le condizioni di salute non gli permisero di partecipare ad altri scontri (salvo una vittoria a Limoges), ma ancora oggi è noto per la sua veste di grande condottiero.
3) Horatio Nelson (1758-1805)
Ho una particolare predilezione per quelli che fanno tornare nella disprezzabilità coloro che pensano di fare tutto quello che gli pare. Quindi l’uomo che diede una significativa mazzata all’esercito napoleonico gode della mia stima. Fu un vero navigatore: dall’Artico, alle Indie, al Canada, all’America Latina, all’Italia… esplorò e combatté in tutto il mondo. Fu lui a comandare la flotta inglese nella baia di Abukir, dove i nemici francesi vennero sorpresi nelle acque limacciose del Nilo e affondati in gran numero. Si trattò del primo rovescio del condottiero corso. Prese parte anche alla battaglia di Copenhagen, assieme a Hyde Parker. La sua fama, però, è indubitabilmente legata alla battaglia di Trafalgar, quasi un simbolo del riscatto inglese. Qui perse la vita, non prima di aver pronunciato la famosa frase “L’Inghilterra si aspetta che ogni uomo faccia il suo dovere”. Oggi la sua statua svetta in una delle piazze più famose di Londra, che deve il nome proprio alla sua maggiore vittoria.
2) Flavio Ezio (390 circa-454)
Soprannominato “l’ultimo dei romani” benché mezzo barbaro, è stato probabilmente l’ultimo bagliore di gloria del morente impero. Anche nel suo caso, si può dire che mi piace perché diede una mazzata ai denti a chi si credeva invincibile, nella fattispecie Attila (che però, ricordiamolo, a parte attaccare avamposti e località isolate non è che facesse granché). La battaglia dei Campi Catalaunici fu il suo capolavoro. Riuscendo ad ottenere l’appoggio del re Teodorico I, visigoto, sconfisse sul campo il generale unno con i suoi uomini e i suoi alleati. Fu un evento grandioso, mai accaduto né prima né dopo. La grandezza di Ezio, a mio avviso, sta nel fatto di essere riuscito a fare così tanto con così poco, essendo ormai Roma un pallido moribondo. Ezio prese anche parte a numerose tresche politiche, con l’intento di togliere il potere a quell’incompetente di Valentiniano III. Durante la sua vita ottenne diverse vittorie e anche importanti titoli, ma alla fine fu il suo minare alla sicurezza dell’imperatore che gli risultò fatale, dato che venne fatto uccidere.
1) Alessandro Magno (356 a.C.-323 a.C.)
Un personaggio che non perde mai può risultare antipatico, ma il carisma di cui gode Alessandro ha travalicato i millenni ed è giunto a me così potente che non posso fare a meno di ammirarlo comunque. La sua vita è piuttosto nota anche ai non appassionati del soggetto, quindi non sto a ricordare le sue numerose imprese in Grecia, Medio Oriente, Egitto, Persia, India. Ricordo solo che è uno dei pochi condottieri a non aver conosciuto la sconfitta, che conquistò una superficie considerevole del globo (in teoria dovrebbe essere secondo solo a Genghis Khan) e che seppe misurarsi con eserciti ben più consistenti del suo. La brevità della sua vita lascia dei dubbi su quanto sarebbe effettivamente stato in grado di governare il suo vasto impero, ma la prematura morte l’ha forse strappato ad una vecchiaia ingloriosa, lasciandolo per sempre nell’aura del mito.
***Extra: Novecento***
Bernard L. Montgomery (1887-1976)
E’ uno dei più importanti condottieri della Seconda Guerra Mondiale, probabilmente il più celebre tra quelli inglesi. Combatté anche durante la Grande Guerra. I suoi primi grandi successi li ottenne nella campagna africana contro le forze italo-tedesche. Affrontò un pezzo da novanta come Rommel, ma se la cavò bene, giungendo alla vittoria di El Alamein, uno dei primi rovesci dell’Asse. Nominato comandante supremo delle forze britanniche in Occidente, prese parte ai due principali attacchi anfibi in Europa: quello in Sicilia e quello in Normandia. Era noto per la sua notevole prudenza, tanto che venne accusato di procedere troppo lentamente nelle vittorie. Patton disse che si preoccupava più di non perdere le battaglie che di vincerle. Dopo la guerra fu capo di stato maggiore imperiale e vice comandante supremo della NATO.
Moshe Dayan (1915-1981)
Uno degli ultimi “condottieri”, a mio avviso, una figura che è venuta piano piano scomparendo dopo la Seconda Guerra Mondiale (altri sono i tempi, altri i modi di fare la guerra, altre le guerre stesse). Iniziò molto giovane a militare nell’Haganah, durante la guerra venne aggregato alla VII Divisione Australiana e fece la sua parte contro i nazisti (fu qui che perse l’occhio sinistro, cosa che lo portò ad indossare la celebre benda). Il suo capolavoro militare fu la Guerra dei Sei Giorni, in cui travolse le forze egiziane arrivando fino al canale di Suez. Qualche gaffe la fece, da Ministro della Difesa di Israele, durante la Guerra del Kippur, ma riuscì a rifarsi portando infine il suo Paese alla vittoria. Occupò varie posizioni in politica e rimane una figura un po’ controversa, poco amata ovviamente da chi non vede di buon occhio lo Stato di Israele.
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